venerdì 31 marzo 2017

Esplosione nel nordovest del Pakistan, almeno 22 morti e decine di feriti

Nella stessa città, vicina al confine con l'Afghanistan, un'altra esplosione in un mercato aveva ucciso 21 persone a gennaio


Un'esplosione avvenuta nella città pakistana di Parachinar, nella zona remota del nordovest del paese, ha ucciso venerdì 31 marzo almeno 22 persone, ferendone alcune decine.

Secondo quanto scrive Reuters l'esplosione sarebbe avvenuta nei pressi di una moschea. Un parlamentare della zona, Sajid Hussain, ha affermato che si è trattato di un attacco suicida e che è stato preceduto da una sparatoria. “L'attacco è avvenuto in una zona affollata e l'obiettivo sembra che sia stato una moschea per donne”.

Nella stessa città, vicina al confine con l'Afghanistan, un'altra esplosione in un mercato aveva ucciso 21 persone il 21 gennaio.

Fonte: The Post Internazionale

La Scozia ha formalizzato la richiesta per il referendum sull'indipendenza dal Regno Unito

Il parlamento scozzese ha votato il 28 marzo a sostegno di un secondo referendum sull'indipendenza. Il 30 marzo la premier Sturgeon ha firmato la lettera di richiesta

La premier scozzese Nicola Sturgeon aveva firmato il 30 marzo la lettera che chiede formalmente di tenere il secondo referendum. Credit: Reuters

La Scozia ha presentato una richiesta formale al Regno Unito per un secondo voto sull'indipendenza del paese. La premier scozzese Nicola Sturgeon aveva firmato il 30 marzo la lettera che chiede formalmente di tenere il secondo referendum.

“I cittadini scozzesi devono avere il diritto di scegliere sul loro futuro ed esercitare il diritto di autodeterminazione”, ha scritto Sturgeon nella lettera inviata alla premier britannica Theresa May. 

“Non appaiono motivazioni razionali per ostacolare la volontà del parlamento scozzese e spero che tu non lo farai”, ha ancora detto la premier scozzese a quella britannica.

Il parlamento scozzese ha votato il 28 marzo a sostegno di un secondo referendum sull'indipendenza. La consultazione referendaria era stata proposta dalla premier Nicola Sturgeon. Il voto è previsto tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019.

L'assemblea di Edimburgo, con il voto del 28 marzo, ha dato mandato al governo scozzese di chiedere il permesso al parlamento britannico per la preparazione del referendum. La mozione Sturgeon è passata con 69 voti a favore e 59 contrari.

Nel 2014 la popolazione scozzese si era già pronunciata sull'uscita dal Regno Unito. In quell'occasione la maggioranza dei votanti aveva deciso di rimanere con Londra. L'ipotesi di un secondo referendum era stata avanzata a seguito del voto sulla Brexit che aveva cambiato le condizioni politiche.

Fonte: The Post Internazionale

L'Unione europea pubblica le sue linee guida per la Brexit

Bruxelles suggerisce che i negoziati per un accordo commerciale potranno iniziare una volta compiuti “progressi sufficienti” sul divorzio con il Regno Unito

Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk mostra la lettera di notifica della Brexit. Credit: Yves Herman

L'Unione europea ha delineato la sua strategia per i negoziati sulla Brexit, attraverso le linee guida emanate dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Il testo pubblicato venerdì 31 marzo 2017 sostiene un “approccio graduale” nei colloqui. Il progetto sarà ora inviato ai 27 stati membri e, se approvato, imposterà il percorso per i due anni di negoziati.

Bruxelles suggerisce che i negoziati per un accordo commerciale potranno iniziare una volta che siano stati compiuti “progressi sufficienti” sul divorzio con il Regno Unito. Il Regno Unito ha attivato formalmente il processo Brexit mercoledì 29 marzo 2017, chiedendo di negoziare gli accordi commerciali contestualmente alla Brexit.

Le linee guida saranno discusse nel corso della riunione del Consiglio europeo del 29 aprile 2017. Il testo specifica che “l'obiettivo generale dell'Unione in questi negoziati sarà quello di preservare i suoi interessi, quelli dei suoi stati membri, i suoi cittadini e le sue imprese”.

In una conferenza stampa a Malta, Tusk ha detto che i colloqui saranno senza dubbio difficili, ma che spera che le parti avranno un atteggiamento positivo. “L'Ue a 27 stati non userà un approccio punitivo. La Brexit di per sé è già abbastanza punitiva”, ha detto.

Qui sotto parte testo del documento, intitolato “Progetto successivo alla notifica del Regno Unito ai sensi dell'articolo 50 del Trattato Ue”:

“Il 29 marzo 2017, il Consiglio europeo ha ricevuto la notifica da parte del Regno Unito della sua intenzione di ritirarsi dall'Unione europea e dell'Euratom. Questo permette l'apertura dei negoziati, come previsto dal Trattato.

L'integrazione europea ha portato pace e prosperità in Europa e ha permesso per un livello senza precedenti nella cooperazione su questioni di interesse comune in un mondo in rapido cambiamento. Pertanto, l'obiettivo generale dell'Unione in questi negoziati sarà quello di preservare i suoi interessi, quelli dei suoi stati membri, i suoi cittadini e le sue imprese.

La decisione del Regno Unito di lasciare l'Unione crea significative incertezze che hanno il potenziale di causare disagi, in particolare nel Regno Unito, ma anche in altri stati membri. I cittadini che hanno costruito la loro vita sulla base dei diritti derivanti dalla appartenenza britannica dell'Ue si troveranno di fronte alla prospettiva di perdere questi diritti. Le imprese e le altre parti interessate perderanno la prevedibilità e la certezza che hanno acquisito con il diritto dell'Unione. Tenendo questo in mente, dobbiamo procedere secondo un approccio graduale, dando priorità a un'uscita ordinata.

In questi negoziati l'Unione europea agirà come un unico soggetto. Sarà costruttiva e cercherà di trovare un accordo, nel migliore interesse di entrambe le parti. L'Unione lavorerà duramente per raggiungere questo risultato, ma si preparerà anche per essere in grado di gestire la situazione nel caso in cui i negoziati dovessero fallire.

Queste linee guida definiscono il quadro di negoziati a norma dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea e stabiliscono le priorità e i principi che l'Unione perseguirà durante la trattativa. Il Consiglio europeo resterà permanentemente investito della questione, e si aggiornerà queste linee guida nel corso dei negoziati”.

Qui il testo completo.

Fonte: The Post Internazionale

giovedì 30 marzo 2017

L'Italia approva la legge che vieta il respingimento dei minori stranieri non accompagnati

Con 375 voti a favore, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva una legge che impedisce che i minori stranieri non accompagnati possano essere respinti

Con 375 voti a favore, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva una legge che vieta il respingimento dei minori stranieri non accompagnati

Con 375 voti a favore, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva una legge che vieta il respingimento dei minori stranieri non accompagnati. I bambini non ancora maggiorenni che arriveranno in Italia senza la famiglia potranno godere di tutela e diritti esattamente come tutti gli altri bambini italiani ed europei. Gli unici voti contrari, 13, sono arrivati dalla Lega, mentre 41 deputati si sono astenuti.

Nel 2016 sono arrivati in Italia oltre 25mila minori accompagnati, secondo il ministero dell'Interno. Di questi oggi, a causa delle scarse tutele e organizzazioni apposite di accoglienza, sono scomparsi almeno 6mila minori, con il rischio che siano finiti in giri di sfruttamento e organizzazioni criminali. 

"Minori non accompagnati: è legge dello Stato. Lo dico con emozione, l'Italia è apripista in Europa con un provvedimento umano e di civiltà", ha commentato la relatrice e deputata del Pd, Barbara Pollastrini.

"L'Italia può dirsi orgogliosa di essere il primo paese in Europa a dotarsi di un sistema organico che considera i bambini prima di tutto bambini, a prescindere dal loro status di migranti o rifugiati", ha dichiarato a Repubblica Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Da oggi per la prima volta verranno avviate le procedure di identificazione e accertamento dell'età dei bambini e verrà garantita maggiore assistenza anche da parte dei mediatori culturali. Saranno inoltre regolate le strutture di prima accoglienza dedicate esclusivamente ai minori.

La nuova legge prevede inoltre l'attivazione di una banca dati nazionale con i dati del minore e la possibilità per il minore di richiedere direttamente il permesso di soggiorno alla questura competente, anche in assenza della nomina del tutore.

Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ogni Tribunale per i minorenni dovrà istituire un elenco di "tutori volontari" disponibili ad assumere la tutela anche dei minori stranieri non accompagnati per assicurare a ogni minore una figura adulta di riferimento adeguatamente formata. La legge promuove poi lo sviluppo dell'affido familiare come strada prioritaria di accoglienza rispetto alle strutture.

Sono previste inoltre tutele maggiori negli ambiti di salute e istruzione.

Nella stessa giornata di oggi, il Senato ha votato la fiducia posta dal governo sul decreto di contrasto all'immigrazione irregolare. Il provvedimento passa ora alla Camera.

Fonte: The Post Internazionale

La Turchia ha concluso la sua campagna militare nel nord della Siria

Il primo ministro di Ankara Yildrim ha annunciato che l'offensiva è terminata “con successo” ma non ha escluso nuove operazioni nell'area

Ankara aveva lanciato l'offensiva ad agosto 2016 per allontanare il sedicente Stato Islamico dai suoi confini e per fermare l'avanzata dei combattenti curdi. Credit: Reuters

La Turchia ha annunciato di aver concluso “con successo” la sua campagna militare Euphrates Shield nel nord della Siria. Il primo ministro turco Binali Yildrim non ha escluso nuove operazioni militari e non ha detto se le truppe turche lasceranno la Siria.

Ankara aveva lanciato l'offensiva ad agosto 2016 per allontanare il sedicente Stato Islamico dai suoi confini e per fermare l'avanzata dei combattenti curdi.

“L'operazione Euphrates Shield ha avuto successo e si è conclusa. Qualunque operazione che seguirà questa avrà un nome diverso”, ha dichiarato Yildrim.

Durante l'offensiva l'esercito turco e i ribelli siriani hanno conquistato diverse città, tra cui Jarablus, arrivando a sud della città strategica di al-Bab.

Fonte: The Post Internazionale

Come funzionano le elezioni presidenziali in Francia?

Tutto quello che c'è da sapere sulle elezioni francesi che si terranno il prossimo 23 aprile per eleggere il successore del presidente Francois Hollande

Il 23 aprile 2017 si terrà il primo turno delle elezioni presidenziali francesi

Il 23 aprile 2017 si terrà il primo turno delle elezioni presidenziali francesi, in cui i cittadini sceglieranno il successore del presidente Francois Hollande. Il presidente della Repubblica è la più alta carica della Repubblica Francese.

La Francia è una repubblica semipresidenziale. Questo significa che il potere esecutivo è condiviso tra presidente, eletto direttamente dal popolo e il primo ministro, scelto dal presidente della Repubblica e che necessita della fiducia parlamentare.

Come funzionano le elezioni presidenziali

Il presidente viene eletto a suffragio universale diretto con eventuale turno di ballottaggio 14 giorni dopo il primo turno, qualora nessun candidato, al primo scrutinio, abbia ottenuto la maggioranza assoluta. Quest'anno il secondo turno si terrà il 7 maggio, due settimane dopo il primo turno del 23 aprile.

Il presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto a doppio turno dal 1962, dopo un referendum. Per essere eletti al primo turno serve la maggioranza assoluta dei voti, il 50 per cento più uno. Se nessuno dei candidati la ottiene, vanno al ballottaggio i due candidati che al primo turno hanno ricevuto il maggior numero di consensi.

Dal 2002 la sua durata è stata abbreviata da 7 a 5 anni per far coincidere il mandato presidenziale con quello dell'Assemblea nazionale, la camera elettiva del parlamento francese.

Il capo dello Stato francese detiene il potere esecutivo e capo delle forze armate francesi, oltre a essere la più alta carica della magistratura, la più alta autorità della Legione d'onore e il co-principe di Andorra.

Il potere più importante esercitato dal presidente è la nomina del primo ministro e lo scioglimento dell'Assemblea. Nonostante il primo ministro e il parlamento detengano la maggior parte del potere legislativo ed esecutivo, il presidente francese mantiene una forte influenza.

Emmanuel Macron candidato indipendente del partito In Marcia!, Benoît Hamon del Partito Socialista, François Fillon candidato dei Repubblicani, Marine Le Pen del Fronte Nazionale, Jean-Luc Mélenchon del Partito di Sinistra sono i candidati dei partiti maggiori, ma con ogni probabilità nessuno di questi riuscirà a essere eletto già al primo turno. Secondo i maggiori sondaggi, saranno Macron e Le Pen a scontrarsi al secondo turno.

A causa della frammentazione politica presente in Francia, nessun presidente è stato mai eletto al primo turno.

Il primo presidente francese fu Luigi Napoleone Bonaparte, poi incoronato imperatore con il nome di Napoleone III. La carica di presidente della Repubblica venne istituita a partire dal 1848, anno della costituzione della seconda Repubblica Francese.

Il successore di Hollande sarà il 25esimo presidente francese e l'ottavo della quinta repubblica, quella inaugurata nel 1959 sotto la presidenza di Charles de Gaulle.

Come funzionano le elezioni per l'Assemblea nazionale

Le elezioni per l'Assemblea nazionale si terranno a giugno 2017, poche settimane dopo le presidenziali, come avviene dal 2000.

Il sistema elettorale francese per l’elezione dell’Assemblea Nazionale è un maggioritario in collegi uninominali a doppio turno.

L'Assemblea nazionale, una delle due camere da cui è formato il parlamento francese, è formata da 577 membri. Il numero dei seggi parlamentari corrisponde al numero dei collegi in cui è diviso il paese. Ogni collegio elegge un solo deputato. Per essere eletti bisogna ottenere il 50 per cento + 1 dei voti nel collegio e anche un quarto dei voti degli aventi diritto.

Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta si tiene un ballottaggio una settimana dopo il primo turno tra tutti i candidati che hanno ottenuto più del 12,5 per cento degli aventi diritto al voto. Per essere eletti al secondo turno basta avere la maggioranza relativa, cioè prendere un voto in più degli avversari.

L'Assemblea nazionale elegge il primo ministro.

Nel caso in cui nell’Assemblea venga eletta una maggioranza con un orientamento politico diverso rispetto al presidente eletto poche settimane prima, si verifica la cosiddetta “coabitazione”.

Fonte: The Post Internazionale

mercoledì 29 marzo 2017

Le elezioni amministrative saranno l’11 giugno

E l'eventuale turno di ballottaggio sarà domenica 25 giugno: lo ha deciso il ministero dell'Interno

(LaPresse - Massimo Paolone)

Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha fissato con un decreto la data delle prossime elezioni amministrative: si voterà domenica 11 giugno 2017 e l’eventuale turno di ballottaggio sarà domenica 25 giugno. In quelle date, nei comuni coinvolti delle regioni a statuto ordinario, saranno eletti direttamente i sindaci, i nuovi consigli comunali e i consigli circoscrizionali.

Sul sito del ministero è stata pubblicata una nota in cui si dice anche che i comuni interessati saranno 1.021, di cui 796 nelle regioni a statuto ordinario e 225 nelle regioni a statuto speciale «dove lo svolgimento delle elezioni è fissato autonomamente, anche in data diversa da quella prevista per le regioni a statuto ordinario». In particolare: saranno 153 i comuni che andranno al voto superiori ai 15 mila abitanti e tra questi ci sono 25 comuni capoluogo di provincia e 4 comuni capoluogo di regione (Palermo, Genova, Catanzaro e L’Aquila). Nelle regioni a statuto speciale il giorno delle elezioni amministrative è stabilito dalla competente autorità regionale che, in Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige, ha scelto il 7 maggio.

Le principali città al voto saranno Alessandria, Asti e Cuneo in Piemonte; Como, Lodi, Monza in Lombardia; Belluno, Padova e Verona in Veneto; Gorizia in Friuli Venezia Giulia; Genova e La Spezia in Liguria; Parma e Piacenza in Emilia Romagna; Lucca e Pistoia in Toscana; Frosinone e Rieti nel Lazio; L’Aquila in Abruzzo; Lecce e Taranto in Puglia; Catanzaro in Calabria; Palermo e Trapani in Sicilia; Oristano in Sardegna. L’elenco completo di tutti i comuni al voto si può trovare qui.

Fonte: Il Post

Oggi è iniziata Brexit

La lettera con la formale richiesta del Regno Unito di attivare la procedura per lasciare l'Unione Europea è stata consegnata a Donald Tusk: cosa succede adesso

Donald Tusk, il presidente del Consiglio Europeo, riceve la lettera per Brexit firmata dall'ambasciatore britannico presso l’UE, Tim BarrowIl (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)

Nella notte di martedì 28 marzo, la prima ministra del Regno Unito, Theresa May, ha firmato la lettera con la richiesta formale di lasciare l’Unione Europea, come indicato dalla maggioranza dei cittadini britannici con il referendum della scorsa estate sulla cosiddetta “Brexit”. La lettera è stata consegnata alle 13:30 (ora italiana) a Donald Tusk, il presidente del Consiglio Europeo, dall’ambasciatore britannico presso l’UE, Tim Barrow. Il passaggio formale era l’ultimo necessario per attivare l’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, che stabilisce le procedure nel caso in cui uno stato membro voglia lasciare l’Unione Europea. Nelle settimane scorse May aveva ottenuto l’autorizzazione del Parlamento britannico per procedere, altro passaggio necessario perché il referendum del 2016 aveva solo valore consultivo.

Stamattina May ha presieduto un breve Consiglio dei ministri per aggiornare il governo sull’attivazione dell’Articolo 50. In seguito ha tenuto un discorso in Parlamento per confermare di avere richiesto l’uscita del Regno Unito dalla UE. Nel discorso, che era stato ampiamente anticipato dai media britannici, May ha promesso di “rappresentare ogni persona in tutto il Regno Unito” durante i negoziati con le autorità europee, compresi i cittadini della UE che da tempo vivono e lavorano nel paese grazie agli accordi sulla libera circolazione delle persone e delle merci, che ora dovranno essere rivisti. May ha sostenuto la necessità di riunire il paese dopo le divisioni nate durante la campagna referendaria su Brexit. Proprio ieri il Parlamento scozzese ha appoggiato la proposta del primo ministro della Scozia, Nicola Sturgeon, di tenere un nuovo referendum per l’indipendenza: la scorsa estate in Scozia avevano prevalso nettamente i voti per restare nell’Unione Europea, mentre un precedente referendum sull’indipendenza era fallito proprio perché, secondo molti, gli scozzesi temevano che lasciare il Regno Unito avrebbe comportato lasciare l’Unione Europea.


Cosa succede adesso
L’attivazione formale dell’Articolo 50 è solo il primo di una lunga serie di passaggi per rendere possibile Brexit. Dopo averne ricevuto comunicazione formale, i capi di stato e di governo della UE si riuniranno il 29 aprile per prendere atto della richiesta del Regno Unito, dando mandato alla Commissione Europea di negoziare i dettagli della sua uscita dall’Unione. A maggio la Commissione renderà pubblica una serie di linee guida su come gestire le trattative, sulla base delle indicazioni e del mandato ricevuti dai leader europei. I negoziati veri e propri dovrebbero iniziare intorno a giugno, mentre in autunno il governo britannico provvederà alle prime proposte di legge per sostituire le normative UE con propri regolamenti.

Dal momento della sua attivazione, l’Articolo 50 dà due anni di tempo per trattare l’uscita di uno Stato dall’Unione Europea: le trattative potrebbero concludersi nell’autunno del 2018. Nei mesi seguenti, Parlamento britannico, Consiglio Europeo e Parlamento Europeo dovranno votare e ratificare gli accordi raggiunti tra le due parti. A marzo del 2019 la Brexit potrebbe essere quindi completa, con la definitiva uscita del Regno Unito. Nel caso di ritardi e contrattempi, solamente l’UE avrà l’autorità per decidere se estendere o meno il periodo di due anni previsto per le trattative dall’Articolo 50: è l’Europa, quindi, ad avere il coltello dalla parte del manico, diciamo.

Negoziati
Dopo avere firmato la sua lettera con la richiesta formale per Brexit, May nella serata di ieri si è sentita telefonicamente con Tusk, con il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker e con il cancelliere tedesco Angela Merkel. Dopo il referendum i rapporti tra le principali autorità europee e May – che è subentrata a David Cameron, che aveva avviato il referendum sostenendo il “Remain” – continuano a essere cordiali, ma ci sono molti punti su cui sarà difficile trovare un accordo. Il governo britannico ha detto più volte di volere negoziare contemporaneamente uscita dalla UE e nuovi accordi commerciali, mentre i leader europei hanno più volte ripetuto che i due temi devono essere trattati separatamente.

I punti su cui trovare un accordo nei prossimi mesi sono moltissimi, considerato che per decenni il governo britannico ha applicato normative e regolamenti decisi insieme agli altri stati dell’Unione Europea. Il Regno Unito uscirà dal mercato unico europeo e dovrà quindi concordare nuove modalità per il libero commercio con la UE. Sarà inoltre necessario concordare con i singoli stati europei lo status dei loro cittadini che vivono e lavorano nel Regno Unito, così come quello dei britannici che vorranno vivere e lavorare nei paesi della UE, o che già lo fanno. Il governo di May dovrà inoltre provvedere a rivedere tutte le leggi che prevedono la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, così come quelle che riguardano la gestione dei servizi di intelligence e la loro collaborazione con il resto degli stati europei.

Salvo ritardi, domani il governo britannico presenterà una prima bozza con i dettagli sul “Great Repeal Bill”, l’insieme di provvedimenti per convertire leggi e regole della UE e se necessario inserirle direttamente nell’ordinamento britannico. La legge conterrà anche le indicazioni necessarie per abolire la Legge sulle Comunità europee del 1972, che di fatto sancisce il primato delle leggi UE su quelle del Regno Unito.

Fonte: Il Post

martedì 28 marzo 2017

Come sta andando il congresso del PD

Da poco più di una settimana è cominciata la prima fase, quella riservata ai circoli e agli iscritti al partito: secondo i conteggi parziali Matteo Renzi è in netto vantaggio

Matteo Renzi, Michele Emiliano, Andrea Orlando (La Presse)

Lo scorso 20 marzo è cominciata la prima fase del congresso del Partito Democratico per eleggere un nuovo segretario con il voto nei circoli da parte degli iscritti. La seconda fase sarà invece aperta a tutti gli elettori e le elettrici: le cosiddette “primarie”. Il voto nei circoli si concluderà il 2 aprile e servirà a eleggere i delegati alle convenzioni provinciali (che si riuniranno il 5 aprile), che a loro volta eleggeranno i delegati alla convenzione nazionale. Questo organismo si riunirà una sola volta il 9 aprile per verificare i dati riportati nei circoli dai singoli candidati a segretario e stabilire chi di loro potrà essere ammesso alle primarie. Lo statuto del PD dice che «risultano ammessi all’elezione del segretario nazionale i tre candidati che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome». Le primarie si terranno infine il 30 aprile con un turno unico.

I candidati alle primarie del PD sono tre: Matteo Renzi, ex segretario ed ex presidente del Consiglio; il ministro della Giustizia Andrea Orlando; il presidente della Puglia, Michele Emiliano. Orlando era uno dei leader dei “Giovani Turchi”, una corrente che si colloca nella sinistra del PD e di cui fa parte anche il presidente del partito, Matteo Orfini, che però a questo congresso sostiene Matteo Renzi. Emiliano ha deciso all’ultimo momento di rimanere nel partito dopo aver minacciato per giorni di uscirne e anche lui affronta Renzi da sinistra.

Dai circoli sono cominciati ad arrivare i primi dati: non sono dati ufficiali né finali ma semplici conteggi parziali, e Matteo Renzi risulta in netto vantaggio. La copertura è ancora piuttosto bassa, pari al 9 per cento dei circoli del PD:


Da qualche circolo arrivano anche dati precisi e i primi commenti. Nel circolo della “Bolognina”, dove nel 1989 Achille Occhetto fece il celebre annuncio della “svolta” del Partito Comunista Italiano, ha vinto Renzi: i votanti sono rimasti gli stessi del 2013, e cioè 80. Di questi, 45 voti sono andati a Renzi, 34 a Orlando e 1 a Emiliano. La volta precedente Cuperlo aveva ottenuto 35 voti, Civati 23, Renzi 18 e Pittella 4. Sempre a Bologna, scrive un quotidiano locale, in diversi altri circoli ha vinto invece Orlando: «Al circolo Renzo Imbeni del vecchio quartiere San Vitale, la candidatura Orlando batte nettamente Renzi 54 a 17. Stessa cosa al circolo di San Donato». Nel frattempo è arrivata anche la prima notizia di irregolarità e brogli: a Copertino, in provincia di Lecce, sono stati comunicati i risultati (a favore di Renzi) ma le votazioni non si sono mai svolte. Gli organi regionali del PD hanno quindi ottenuto l’annullamento della votazione per far celebrare il congresso in maniera regolare, con un nuovo voto e questa volta vero, nei prossimi giorni.

Nella sua newsletter del 27 marzo Renzi ha scritto di essere molto soddisfatto perché «migliaia di iscritti stanno votando, discutendo le singole mozioni e finendo con l’esprimere una preferenza». Renzi dice anche che «per il momento la partecipazione degli iscritti è ottima, superiore in percentuale a quella del 2013» e che la sua «mozione sta andando molto bene anche tra gli iscritti, ma c’è ancora da lavorare: vorrei però dire grazie a tutti perché i primi dati sono superiori alle più rosee previsioni». L’Unità scrive che «i sostenitori di Orlando hanno però altre cifre: Renzi al 62%, Orlando al 33% e Emiliano al 4%». Daniele Marantelli, deputato del PD vicino a Orlando, ha commentato: «Considerando che la candidatura di Orlando è stata presentata solo tre settimane fa e nonostante tutte le difficoltà, aver superato il 30% è un ottimo risultato che ci dà la spinta per la sfida delle primarie il 30 aprile». Emiliano ha fatto invece capire di poter trovare consensi soprattutto nel sud del paese e di puntare comunque soprattutto sulla seconda fase del congresso, cioè sulle primarie aperte.

Fonte: Il Post

In Nigeria almeno 140 morti per la peggiore epidemia di meningite dal 2009

Secondo il Centro per il controllo delle malattie della capitale Abuja, finora sono state infettate più di mille persone

Un bambino riceve la vaccinazione per la meningite. Credit: Reuters

Un'epidemia di meningite ha ucciso almeno 140 persone in alcuni stati della Nigeria. A riportarlo sono le autorità del paese.

I casi riguardano l'ultimo mese e sono stati documentati in sei stati. Finora sono state infettate più di mille persone, secondo quanto comunicato dal Centro per il controllo delle malattie della capitale Abuja.

Si tratta della peggiore epidemia in Nigeria dal 2009, quando morirono 156 persone. Il timore è che la malattia non possa più essere tenuta sotto controllo se dovesse diffondersi nei campi profughi e nelle prigioni.

Un nuovo ceppo, che potrebbe essere stato importato da un paese vicino, è ora quello prevalente in Nigeria e richiede un vaccino differente rispetto a quello classico, come spiegato dal ministro della Salute Isaac Adewole.

La causa dell'epidemia stagionale è stata attribuita alle notti freddi, al vento polveroso e al clima asciutto. Ad aggravare la situazione ci sono anche le credenze tradizionali, la scarsa igiene e la sovrappopolazione.

--- LEGGI ANCHE: Tutto quello che c'è da sapere sui vaccini

Fonte: The Post Internazionale

I danni del ciclone Debbie che ha colpito il Queensland, in Australia

Migliaia di persone sono state evacuate dalle loro case o sono rimaste senza elettricità in tutta la regione

Il ciclone ha portato venti che soffiano fino a 263 chilometri orari. Credit: Reuters

Un forte ciclone ha colpito la costa nordorientale dell'Australia, portando piogge torrenziali e il taglio dell'elettricità per decine di migliaia di case.

Il ciclone Debbie ha anche causato alcune frane tra le zone di Bowen e Airlie Beach nel Queensland, con venti che soffiano fino a 263 chilometri orari. Una persona è rimasta ferita.

Il primo ministro Malcolm Turnbull ha riferito in parlamento di aver attivato un piano di risposta al disastro.

“Stiamo per fare una serie di report sui danni e, tristemente, penso che dovremo farli anche per quanto riguarda persone ferite, se non morte", ha riferito la polizia locale.

Una donna racconta che la sua proprietà è stata completamente devastata. “Ci sono almeno 50 alberi cascati. Il tetto della casa del vicino è crollato”, ha detto alla Bbc.

Le autorità hanno avvertito i cittadini invitandoli a non lasciare le loro case.

“Vedremo l'impatto del ciclone Debbie nei prossimi tre o cinque giorni, quando si allontanerà”, ha detto la premier del Queensland Annastacia Palaszczuk.

Più di 25mila persone sono state fatte evacuare dalle loro case per quello che sarà il ciclone più devastante per il Queensland dal 2011.

Per la giornata di martedì 28 marzo si aspettano precipitazioni da 150 a 500 millimetri di pioggia.

Le autorità del Queensland hanno deciso di chiudere 181 scuole e circa 200 asili. Tutti i voli degli aeroporti di Townsville e Mackay sono stati cancellati.

L'esercito è stato allertato e negli ospedali sono stati messi a disposizione circa 600 posti letto.

Fonte: The Post Internazionale

lunedì 27 marzo 2017

Cosa si sa dell’omicidio di Alatri

Un ragazzo di vent'anni è morto dopo essere stato picchiato fuori da un locale in provincia di Frosinone, le indagini sono ancora in corso


Nella notte tra venerdì e sabato ad Alatri, in provincia di Frosinone, Emanuele Morganti – un ventenne originario della vicina frazione di Tecchiena – è stato violentemente picchiato fuori da un locale del centro ed è morto domenica 26 marzo per le ferite. I giornali di oggi si occupano molto di questa storia, che tuttavia è ancora poco chiara e su cui è iniziata un’indagine dei carabinieri che per ora non ha portato a nessun arresto.

Quello che dicono le prime testimonianze riportate dai giornali è che Emanuele Morganti si trovava con alcuni amici e con la sua ragazza al circolo Arci Mirò di Alatri, dove a un certo punto intorno alle due di notte ha litigato con un altro ragazzo – di origini albanesi, dicono alcuni testimoni – che aveva fatto qualche battuta inappropriata alla sua ragazza. Morganti e l’altro ragazzo sono stati bloccati dai buttafuori e portati fuori del locale, dove però il litigio è continuato, diventando sempre più violento. A un certo punto Morganti è stato colpito alla testa con un oggetto di ferro – un paletto di quelli usati per evitare il parcheggio delle auto sui marciapiedi, scrive Repubblica; una spranga o un cric, dice il Corriere della Sera – e questo gli avrebbe causato le ferite più gravi. Scrive Repubblica: “Emanuele, con fratture multiple al cranio e nella zona cervicale, è stato subito trasferito dal locale ospedale all’Umberto I di Roma, dove ieri sera i medici si sono dovuti arrendere e dichiararne la morte. I familiari hanno acconsentito alla donazione degli organi”.

Non si sa ancora chi sia stato a colpire Morganti – sia Repubblica che il Corriere della Sera dicono però che diversi testimoni avrebbero individuato questa persona – e non è ancora chiarissimo in che modo dal litigio si sia arrivati al pestaggio di Morganti, che secondo diversi testimoni è stato colpito violentemente anche una volta che era caduto a terra senza sensi dopo il colpo ricevuto (il Corriere scrive che il suo volto era irriconoscibile per via dei colpi ricevuti). Le descrizioni dei giornali passano da quelle di una rissa tra due gruppi di persone – gli amici di Morganti e quelli del ragazzo con cui litigava, con 25 persone coinvolte in tutto – a quelle di un pestaggio di molte persone ai danni di una. A questa incertezza si aggiunge che secondo qualcuno anche i cinque buttafuori del locale sembrerebbero aver avuto un ruolo nella rissa, anche se non è chiaro in che termini.

Le indagini dei carabinieri sono iniziate sabato, dopo il ricovero di Morganti. I testimoni principali sono stati interrogati subito e – scrive il Corriere – nove persone ritenute responsabili del pestaggio (tra cui quattro buttafuori del Mirò, dice sempre il Corriere) sono state fermate già sabato notte prima di essere rilasciate. Sulle indagini, Repubblica scrive invece che:


i carabinieri prima e il pm Vittorio Misiti poi hanno ascoltato per un giorno intero oltre 20 persone. Concentrati i sospetti su nove di loro — tre buttafuori albanesi e uno di Ceccano e cinque giovani del posto — gli inquirenti li hanno quindi riconvocati ieri pomeriggio in caserma. «I miei clienti hanno negato di aver picchiato la vittima», assicura il difensore dei buttafuori, Giampiero Vellucci. «Nessun fermo al momento», precisa in tarda serata il maggiore Antonio Contente. Ma la svolta appare vicina. Il pestaggio sarebbe stato ripreso anche da una telecamera di sorveglianza del Comune e ieri sono state acquisite altre immagini delle telecamere del centro storico.

Fonte: Il Post

Cos’è questa storia delle firme per la candidatura di Raggi

Un servizio delle Iene ha ipotizzato irregolarità nella presentazione della candidatura, ma sembra più che altro una formalità

(ANSA/ANGELO CARCONI)

Nella puntata del programma di Italia Uno Le Iene di domenica 26 marzo è andato in onda un servizio che ha ipotizzato alcune irregolarità nella raccolta delle firme necessarie per la candidatura a sindaco di Roma di Virginia Raggi del Movimento 5 Stelle. Il servizio, realizzato dall’inviato Filippo Roma, è partito da una segnalazione di Alessandro Onorato, consigliere comunale a Roma per la Lista Marchini.

Onorato ha mostrato come nell’atto principale presentato al comune per candidare Raggi a sindaca di Roma, la data riportata sia quella del 20 aprile 2016, mentre la raccolta delle firme fu organizzata dal M5S tre giorni dopo, il 23 aprile, in un evento chiamato #FirmaDay. Il documento specifica che sono state raccolte 1.352 firme, che però il 20 aprile non erano ancora state raccolte. Un’altra stranezza segnalata da Onorato è che il documento attesta la presenza di dieci cancellieri, i funzionari pubblici incaricati di certificare le firme nel momento della loro raccolta: i banchetti organizzati per Roma dal M5S furono però venti, in una singola giornata. Sulla storia dei cancellieri non ci sono state vere spiegazioni da parte del M5S, che invece ha rivendicato la legalità dell’atto principale della candidatura a sindaco di Roma di Raggi, sostenendo che le date siano irrilevanti.

Le Iene hanno parlato con l’ufficio elettorale del comune di Roma, che ha confermato che il documento dovrebbe provare la situazione della raccolta firme nella data in cui è stato compilato, e quindi il 20 aprile. Dato che le firme sono state raccolte tre giorni dopo, l’ufficio ha convenuto che «qualche stranezza c’è». Alessandro Canali, avvocato e delegato di lista del M5S, ha spiegato che l’atto principale si apre quando le firme non sono ancora state interamente raccolte, lasciando il campo in cui bisogna indicare il numero di firme raccolte vuoto e compilandolo soltanto dopo. Canali dice che è una pratica prevista dalla legge, e che non si può fare diversamente perché l’atto principale si deve aprire prima della raccolta vera e propria delle firme. Riguardo al numero dei cancellieri, Canali ha ipotizzato che i banchetti per la raccolta firme potessero avere orari diversi, e che i cancellieri possano quindi aver presenziato in più di uno solo. Roma ha obiettato che sei banchetti avevano orario continuato, e Canali non ha saputo spiegare meglio.

L’ufficio servizi elettorali del comune di Roma, contattato dalle Iene, ha detto che «è inverosimile che il documento possa contenere delle parti in bianco». Alla richiesta di confermare che, come spiegato da Canali, sia una pratica prevista dalla legge, l’ufficio ha detto che «non è previsto né imposto nulla. Questa generalmente è la data in cui tutte le cose vengono consegnate quindi quella data deve essere esattamente la data in cui io consegno: e se io sto portando [il documento] oggi non vedo perché dovrei scrivere la data di avant’ieri». L’altro delegato di lista del M5S a Roma, l’avvocato Paolo Morricone, che ha sostenuto a sua volta che il campo sulle firme si possa lasciare in bianco e compilato dopo, sostenendo che lo fanno «tutti gli altri partiti». Roma ha chiesto a Roberto Giachetti e Alfio Marchini, due degli altri candidati a sindaco di Roma nel 2016, che hanno detto di aver compilato l’atto principale dopo la raccolta di firme.

Virginia Raggi, intervistata mentre era in vacanza, ha detto di non conoscere la questione nel dettaglio, consigliando di parlare con i delegati di lista. Il M5S di Roma ha cercato di chiarire la questione, scrivendo che «anche ipotizzando che ci sia un errore formale questo non inficia la regolarità e la legittimità della lista», citando una sentenza del TAR del Friuli Venezia Giulia del 2006 che dice che è indifferente che la data dell’atto principale sia precedente a quella della raccolta delle firme. Non sono state date ulteriori spiegazioni sulla storia del numero dei cancellieri.



Se quella sulle firme di Roma sembra soprattutto una questione formale, il M5S ha dei problemi per quanto riguarda le firme presentate per le elezioni comunali di Palermo del 2012 e per quelle regionali dell’Emilia-Romagna del 2014.

Fonte: Il Post

La Cdu di Angela Merkel vince le elezioni nel Saarland

L'Unione cristiano-democratica tedesca ha conquistato il 40,7 per cento dei voti, staccando la Spd ferma al 29,6 per cento

La candidata della Cdu nel land del Saarland Annegret Kramp-Karrenbauer insieme alla cancelliera Angela Merkel. Credit: Reuters

L'Unione cristiano-democratica tedesca (Cdu), partito della cancelliera Angela Merkel, ha vinto le elezioni nel land del Saarland. La Cdu ha conquistato il 40,7 per cento dei voti sconfiggendo i Socialdemocratici (Spd) che si sono fermati al 29,6 per cento.

L'elezione avvenuta domenica 26 marzo è un antipasto del voto di settembre nel quale a sfidarsi saranno Merkel e l'ex presidente del parlamento Ue Martin Schulz, esponente della Spd.

La regione del Saarland, un piccolo land nel sudovest del paese con un milione di abitanti, è attualmente governato da una coalizione a guida Cdu ma di cui fa parte anche la Spd.

Rispetto alle precedenti elezioni regionali, avvenute nel 2012, la Cdu è salita dal 35,2 per cento dei consenti al 40,7 di oggi. La Spd è invece scesa dal 30,6 al 29,6 per cento.

I Verdi hanno fallito il tentativo di entrare nell'assemblea regionale non raggiungendo il 5 per cento dei consensi. Seggi conquistati dal partito populista Alternative for Germany (Afd), che ha ottenuto il 6,2 per cento di voti.

A opporsi nella sfida elettorale del Saarland erano la premier uscente Annegret Kramp-Karrenbauer e la sua vice nel governo regionale, l'esponente della Spd Anke Rehilinger.

Prima delle elezioni generali di settembre si terranno le votazioni anche nei land del Schleswig-Holstein e del North Rhine-Westphalia.

Fonte: The Post Internazionale

Le più grandi proteste in Russia contro Putin dal 2012

Il 26 marzo la polizia ha arrestato un migliaio di persone a Mosca, tra cui il leader dell'opposizione Alexei Navalny. Le manifestazioni si sono tenute in circa 100 città

Le forze dell'ordine fermano un oppositore del governo durante le manifestazioni a Mosca. Credit: Maxim Shemetov

Sono 1.030 le persone fermate domenica 26 marzo 2017 e portate nelle stazioni di polizia di Mosca per aver partecipato a quelle che sono state definite come le più grandi proteste contro il presidente Vladimir Putin dal 2012.

Le manifestazioni, che si sono tenute in circa 100 città di tutto il paese, sono state organizzate dall'oppositore di Putin Alexei Navalny e non sono state autorizzate dal governo russo.

Durante le proteste lo stesso Navalny è stato fermato e caricato su un pulmino della polizia, scatenando la reazione della folla che ha assaltato il mezzo al grido di “fascisti, liberatelo!”.

Navalny dovrebbe comparire lunedì 27 marzo davanti ai giudici del tribunale Tverskoi di Mosca con l'accusa di aver organizzato manifestazioni non autorizzate. Secondo l'avvocata Olga Mikhailova, Navalny è accusato dell'organizzazione di un'azione di massa che ha causato la violazione dell'ordine pubblico e rischia fino a 15 giorni di arresto amministrativo.

Secondo quanto sostiene l'agenzia di stampa Interfax alcuni dei fermati sono stati rilasciati, mentre altri sono stati accusati di “infrazioni amministrative”. Secondo un'altra fonte citata da Interfax “46 minori sono stati individuati sui luoghi della manifestazione non autorizzata a Mosca” e sono stati tutti “consegnati ai genitori”. La polizia russa aveva riferito domenica 26 marzo di aver fermato circa 500 persone durante la manifestazione.

Navalny ha organizzato manifestazioni contro la corruzione in tutto il paese. Nel mirino il premier Dimitry Medvedev, accusato di controllare un vero e proprio impero attraverso una rete di organizzazioni no-profit.

A San Pietroburgo si sono registrati momenti di tensione accompagnati da tafferugli fra manifestanti e agenti di polizia, mentre a Novosibirsk, in Siberia, secondo i siti dell'opposizione, hanno partecipato al corteo circa duemila persone.

In altre città della regione, come Krasnoyarsk e Omsk, i manifestanti erano circa 1.500. Secondo il sito di Navalny, le proteste erano programmate in 99 città, ma in 72 le autorità locali hanno negato il permesso.

Secondo la polizia alle proteste a Mosca hanno partecipato circa 7mila persone.

Le manifestazioni del 26 marzo sono state la dimostrazione più importante contro il presidente Vladimir Putin dal 2012, quando i russi scesero in piazza nel periodo delle elezioni presidenziali.

Le reazioni

Il Cremlino ha definito le proteste del 26 marzo come una “provocazione”.

Gli Stati Uniti hanno condannato “fermamente gli arresti di centinaia di manifestanti pacifici in Russia” e hanno chiesto “al governo russo di rimetterli subito in libertà”, secondo quanto riferito in una nota da Mark Toner, portavoce del dipartimento di Stato Usa. “Fermare dei manifestanti pacifici, degli osservatori dei diritti dell'uomo e dei giornalisti è un affronto ai valori democratici fondamentali”, afferma ancora Toner.

Gli Stati Uniti si sono detti preoccupati per l'arresto di Navalny a un anno dalle elezioni presidenziali russe e intendono “seguire la situazione”.

Condanna ferma anche da parte dell'Unione europea e dall'alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini.

“Il giro di vite della polizia russa ha impedito l'esercizio delle libertà fondamentali di espressioni, associazioni e assemblea pacifica, che sono diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione russa”, ha dichiarato Mogherini. “Chiediamo alle autorità russe di rispettare pienamente gli impegni internazionali presi per la difesa di questi diritti e il rilascio senza indugi dei dimostranti pacifici che sono stati imprigionati”.

Fonte: The Post Internazionale

domenica 26 marzo 2017

Il testo della nuova dichiarazione firmata a Roma dai leader Ue

Nel 60esimo anniversario dalla firma dei Trattati di Roma i leader dell'Unione europea hanno rinnovato il loro impegno per l'integrazione sottoscrivendo questo testo

Il presidente del parlamento Ue Antonio Tajani mostra le firme della Dichiarazione di Roma. Credit: Reuters

Il 25 marzo 2017 i capi di stato e di governo dei 27 paesi dell'Unione europea si sono riuniti nella capitale italiana per celebrare i 60 anni dalla firma del Trattato di Roma.

I leader dei paesi membri hanno firmato inoltre una nuova dichiarazione per onorare il trattato del 1957, che ha aperto la strada alla nascita dell'Unione europea.

Ecco il testo del documento:

Dichiarazione dei leader dei 27 Stati membri e del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e della Commissione europea

25 marzo 2017

Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell'UE, siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione dell'unità europea è un'impresa coraggiosa e lungimirante. Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica, dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà, democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.

L'unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la speranza di molti. Fino a che l'Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in un'Unione allargata che ha superato le antiche divisioni. L'Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri cittadini sicurezza e nuove opportunità.

Renderemo l'Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un'unità e una solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. L'unità è sia una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni. Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra Unione è indivisa e indivisibile.

Per il prossimo decennio vogliamo un'Unione sicura, prospera, competitiva, sostenibile e socialmente responsabile, che abbia la volontà e la capacità di svolgere un ruolo chiave nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un'Unione in cui i cittadini abbiano nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica. Vogliamo un'Unione che resti aperta a quei paesi europei che rispettano i nostri valori e si impegnano a promuoverli.

In questi tempi di cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare:

1. Un'Europa sicura: un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.

2. Un'Europa prospera e sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.

3. Un'Europa sociale: un'Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l'integrità del mercato interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un'Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un'Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unione in cui i giovani ricevano l'istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.

4. Un'Europa più forte sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l'Africa e nel mondo; un'Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un'industria della difesa più competitiva e integrata; un'Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un'Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo e una politica climatica globale positiva.

Perseguiremo questi obiettivi, fermi nella convinzione che il futuro dell'Europa è nelle nostre mani e che l'Unione europea è il migliore strumento per conseguire i nostri obiettivi.

Ci impegniamo a dare ascolto e risposte alle preoccupazioni espresse dai nostri cittadini e dialogheremo con i parlamenti nazionali. Collaboreremo a livello di Unione europea, nazionale, regionale o locale per fare davvero la differenza, in uno spirito di fiducia e di leale cooperazione, sia tra gli Stati membri che tra di essi e le istituzioni dell'UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Lasceremo ai diversi livelli decisionali sufficiente margine di manovra per rafforzare il potenziale di innovazione e crescita dell'Europa. Vogliamo che l'Unione sia grande sulle grandi questioni e piccola sulle piccole. Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace e trasparente, e risultati migliori.

Noi leader, lavorando insieme nell'ambito del Consiglio europeo e tra le istituzioni, faremo sì che il programma di oggi sia attuato e divenga così la realtà di domani. Ci siamo uniti per un buon fine. L'Europa è il nostro futuro comune.

Fonte: The Post Internazionale

sabato 25 marzo 2017

Trattati di Roma: cosa sono e perché si celebrano oggi

Sono passati sessant'anni esatti da quando vennero firmati: furono fondamentali per la futura nascita dell'Unione Europea

La sala del Vaticano dove Papa Francesco ha tenuto l'udienza per i capi di stato europei in vista a Roma per l'anniversario dei trattati firmati nel 1957 (ANDREW MEDICHINI/AFP/Getty Images)

Oggi è il sessantesimo anniversario dei trattati di Roma, due fra i documenti più importanti per il funzionamento dell’Unione Europea: in queste ore i leader di 27 fra i paesi dell’Unione (tutti tranne il Regno Unito) si trovano a Roma per festeggiarne l’anniversario. I trattati furono firmati il 25 marzo del 1957 nella Sala degli Orazi e Curiazi di Palazzo dei Conservatori, che attualmente ospita i Musei capitolini: erano presenti i rappresentanti dei governi di Francia, Germania Ovest, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Fuori, sotto la pioggia, una folla di persone aspettava che la firma venisse ufficializzata per festeggiare. Fu un momento molto importante, da molti considerato alla stregua della “nascita” dell’Unione Europea, che si realizzò nel 1992 con il Trattato di Maastricht.

I trattati di Roma sono due, e istituiscono rispettivamente la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA). Il più importante è il primo: come suggerisce il nome, questo nuovo organismo avrebbe avuto un ruolo prevalentemente economico, e serviva a promuovere una crescita stabile e duratura dei paesi che vi avevano aderito attraverso la formazione del mercato comune e l’armonizzazione delle leggi economiche statali. Il provvedimento più importante previsto nel trattato fu l’eliminazione dei dazi doganali fra gli stati membri, cosa che consentì la creazione del cosiddetto “mercato unico” e fu la base per la successiva unità politica. Il trattato, considerato ancora oggi una delle “colonne” della legislazione europea, fu poi modificato una prima volta dopo il Trattato di Maastricht del 1992 (trattato che istituisce la Comunità europea) e una seconda dopo il Trattato di Lisbona del 2007, quando è stato rinominato col nome attuale di Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

Il secondo trattato aveva invece come scopo quello di coordinare i programmi di ricerca degli stati membri relativi all’energia nucleare e assicurare che venisse usata per scopi pacifici: fu firmato dagli stessi stati che firmarono il primo ed è ancora vigente.

Fonte: Il Post

I repubblicani ritirano la proposta per la nuova riforma sanitaria

A dare l'ordine al partito sarebbe stato il presidente Donald Trump

Lo speaker della Camera Paul Ryan aveva avvertito Trump nel pomeriggio che non c'erano i voti sufficienti per far passare la riforma. Credit: Joshua Roberts

I repubblicani statunitensi hanno deciso di ritirare il disegno di legge per la riforma sanitaria che doveva sostituire l'Obamacare. Secondo la televisione Cnn e l'agenzia di stampa Reuters sarebbe stato il presidente Donald Trump a comunicare ai leader del partito alla Camera di cancellare il voto previsto per venerdì 24 marzo.

Lo speaker della Camera, Paul Ryan, era andato nel pomeriggio di venerdì 24 marzo alla Casa Bianca per comunicare al presidente degli Stati Uniti Donald Trump che tra i repubblicani non ci sono i voti sufficienti per varare la nuova riforma sanitaria.

Dopo un primo momento di ottimismo, la Casa Bianca si è detta non più fiduciosa di riuscire ad approvare il provvedimento. Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, aveva prima affermato che si era “sempre più vicini” al numero di voti necessari (216) per far passare la riforma sanitaria.

Poco dopo, Spicer ha fatto sapere che Trump è convinto di aver fatto tutto ciò che era possibile per l'approvazione della riforma sanitaria, ma “non si può costringere la gente a votare, non è una dittatura”.

La votazione era prevista per le 20:30 ora italiana.

Subito dopo la decisione di ritirare il provvedimento, Trump ha parlato con Washington Post e New York Times. “Ora avanti sulle tasse. E quando l'Obamacare esploderà allora, forse, i democratici apriranno ad un accordo”, ha commentato il presidente degli Stati Uniti.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 24 marzo 2017

È morto Tomas Milian

Aveva 84 anni e negli anni '60 e '70 aveva recitato in moltissimi film western e polizieschi, diventando famoso per i personaggi di “er Monnezza” e Nico Girardi

Tomas Milian in "Squadra volante" (1974). (ANSA/WIKIPEDIA)

Tomas Milian, attore cubano naturalizzato italiano famoso soprattutto per i suoi film polizieschi degli anni Sessanta e Settanta e in particolare per il personaggio di “er Monnezza”, è morto mercoledì a 84 anni a Miami, dove viveva da diversi anni. Milian recitò in moltissimi film tra gli anni Sessanta e Settanta, interpretando personaggi ricorrenti e molto riconoscibili, contribuendo al successo degli spaghetti western e dei polizieschi italiani.

Milian era nato a L’Avana nel 1933: suo padre era un ufficiale dell’esercito che venne incarcerato dopo il colpo di stato di Fulgencio Batista, e che nel 1945 si suicidò. Milian lasciò Cuba negli anni Cinquanta e andò negli Stati Uniti, dove iniziò a recitare trasferendosi poco dopo in Italia. Qui ebbe i suoi primi ruoli: cominciò recitando in La notte brava e Il bell’Antonio di Mauro Bolognini, con dei ruoli secondari ma non marginali. Entro la metà degli anni Sessanta aveva già recitato in molti film, compresi Boccaccio ’70 (nell’episodio di Luchino Visconti), La ricotta di Pier Paolo Pasolini e Giorno per giorno, disperatamente di Alfredo Giannetti, il suo primo film da protagonista. Nella seconda metà degli anni Sessanta cominciò a recitare in film meno d’autore e più popolari, e in particolare negli spaghetti-western, diventandone uno degli interpreti più conosciuti. Fu protagonista di I quattro dell’apocalisse di Lucio Fulci e di La resa dei conti di Sergio Sollima (insieme a Lee Van Cleef).



Dopo i film western, Milian cominciò a fare quelli che sarebbero diventati i suoi film più famosi: quelli polizieschi. Nel 1976, per il film Il trucido e lo sbirro di Umberto Lenzi, fece la sua prima interpretazione come “er Monnezza”, il famoso ladro romano che comparve poi anche nei film La banda del trucido di Stelvio Massi del 1977, La banda del gobbo di Umberto Lenzi del 1977 e Il lupo e l’agnello di Francesco Massaro del 1980. L’altro personaggio che rese famoso Milian fu Nico Girardi, l’ex ladro diventato poliziotto che fu protagonista di undici film tra il 1976 e il 1984. Per entrambi i personaggi, Milian fu doppiato da Ferruccio Amendola, che contribuì non poco al successo dell’interpretazione di Milian.



Con la fine della popolarità dei film polizieschi italiani la sua carriera rallentò: negli anni Ottanta e Novanta fece molti meno film, anche se finì per avere ruoli marginali in film come Havana di Sydney Pollack, JFK – Un caso ancora aperto di Oliver Stone, Amistad, di Steven Spielberg e Traffic di Steven Soderbergh. Uno dei suoi ultimi film è stato Roma nuda di Giuseppe Ferrara, del 2011.



Fonte: Il Post

Marine Le Pen ha incontrato a Mosca Vladimir Putin

La candidata dell'estrema destra alle elezioni presidenziali francesi potrebbe ottenere il sostegno della Russia nella sua campagna elettorale

Marine Le Pen in visita a Mosca. Credits: Reuters

Il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato il 24 marzo a Mosca la leader dell'estrema destra francese Marine Le Pen. Il capo del Cremlino potrebbe annunciare il suo sostegno alla candidata alle prossime elezioni presidenziali francesi.

Putin ha riconosciuto il peso crescente che il suo partito si sta guadagnando nel panorama politico europeo. “Sappiamo che la campagna elettorale francese è in evoluzione”, ha detto il preidente russo. “Non vogliamo in alcun modo influenzare gli eventi, ma ci riserviamo il diritto di parlare con tutte le forze politiche in campo”.

Dal punto di vista di Le Pen l'incontro con Putin è un colpo di immagine notevole anche per quanto riguarda la credibilità internazionale. Finora la leader populista ha faticato a ottenere sostegno di altri partiti vicini alle sue posizioni antieuropeiste e anti immigrazione.

Il portavoce del presidente russo Dmitry Peskov ha negato che nel confronto tra i due si sia fatto riferimento a un possibile sostegno finanziario di Mosca alla campagna di Le Pen. La candidata francese si era recata in Russia anche per incontrare diversi parlamentari del paese.

Le Pen si è detta convinta che la Francia e la Russia debbano collaborare nella lotta al terrorismo internazionale.

Fonte: The Post Internazionale

Chi era l'attentatore di Londra

Khalid Masood, 52 anni era un cittadino britannico nato con il nome di Adrian Russel. Aveva avuto diverse condanne per aggressione, ma nessuna per reati di terrorismo

Un'eliambulanza atterra in Parliament Square dopo l'attentato a Londra. Credits: Reuters

L'uomo che ha realizzato gli attentati di Londra ha un nome. Khalid Masood, 52 anni, è nato nel Kent, regione a sud-est di Londra. Ha vissuto in diverse località dell'Inghilterra prima di stabilirsi a Birmingham dove viveva. La sua identità era stata tenuta nascosta nelle ore immediatamente dopo gli attentati per non compromettere le indagini.

Era noto con diversi nomi e aveva ricevuto diverse condanne anche se non per reati connessi al terrorismo. Come confermato dalla premier britannica Theresa May, l'uomo era noto ai servizi segreti britannici ma il suo ruolo era considerato marginale.

Secondo il capo dell'antiterrorismo britannico, Khalid Masood si chiamava in realtà Adrian Russel. Il quotidiano Daily Mail riferisce che era cresciuto solo con la madre nella città costiera di Rye e si sarebbe poi convertito all'Islam scegliendo di cambiare nome.

Altri media riportano la notizia che Masood dicesse di essere un insegnante di inglese sposato con tre bambini, con l'hobby del bodybuilding. Non c'è certezza sulla sua reale occupazione.

“Masood non era oggetto di alcuna indagine e non c'erano indizi sulla sua intenzione di organizzare attentati terroristici. Tuttavia era stato condannato per aggressione, possesso di armi e offese a pubblico ufficiale”. La prima detenzione risale al 1983 mentre l'ultima al 2003.

Mark Rowley, funzionario di polizia per l'anti-terrorismo ha detto che Masood sarebbe stato ispirato dal terrorismo internazionale. Alcuni vicini di casa hanno riferito di averlo visto insieme a un bambino di 5-6 anni e una donna asiatica che viveva con lui.

Secondo una fonte governativa statunitense, non ci sono elementi per sostenere che Masood si sia radicalizzato durante viaggi all'estero. Tuttavia, aveva contatti con persone intenzionate a partecipare alla lotta jihadista.

Masood ha noleggiato l'automobile con la quale ha investito diverse persone sul ponte di Westminster a Birmingham, dalla società Enterprise Spring. Probabilmente aveva in affitto un appartamento in quella zona.

Il giornale britannico The Sun ha riferito che Masood avrebbe dormito in una stanza di albergo a Brighton la notte prima dell'attentato.

Fonte: The Post Internazionale

giovedì 23 marzo 2017

Perché PD e M5S litigano sui vitalizi

L'ufficio di presidenza della Camera ha approvato la proposta del PD, per limitare il privilegio dei parlamentari andati in pensione prima della loro abolizione, ma il M5S chiede altro

Seduta sospesa nell'Aula della Camera dove deputati del M5S durante il question time in diretta televisiva (rispondeva il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti) hanno esposto cartelli sotto il banco della presidenza e a quelli del governo con la scritta "#si tengono il privilegio" (Ansa foto) 

Mercoledì 22 marzo l’ufficio di presidenza della Camera ha approvato una proposta del Partito Democratico sui cosiddetti “vitalizi”: il testo prevede che gli ex deputati ancora titolari di vitalizio versino un contributo di solidarietà progressivo per i prossimi tre anni, a partire dal primo maggio. Gli ex deputati ancora titolari di vitalizio sono coloro che hanno cessato il mandato prima del 2011 e che non sono stati interessati dalla riforma che ha abolito i vitalizi e li ha sostituiti con una pensione calcolata con metodo contributivo mantenendo comunque alcune regole differenti rispetto a quelle vigenti per i lavoratori dipendenti.

La proposta del PD prevede il versamento di un contributo che sarà del 10 per cento per i vitalizi da 70 mila a 80 mila euro, del 20 per cento da 80 mila a 90 mila euro, del 30 per cento da 90 mila a 100 mila euro e del 40 per cento per quelli superiori ai 100 mila euro annui. La proposta è temporanea perché così ha stabilito la Consulta in una passata occasione. Il prelievo progressivo dovrebbe portare a un risparmio di 2,5 milioni all’anno per le casse della Camera. La proposta del M5S intendeva parificare le pensioni parlamentari a quelle degli altri cittadini, ma non intervenendo sui vitalizi sopravvissuti alla riforma, perché per farlo servirebbe un voto parlamentare e non basterebbe una modifica del regolamento. Dopo il voto ci sono state delle proteste: i deputati del M5S hanno mostrato cartelli, urlato “vergogna” e hanno anche provato a fare irruzione nella sala della presidenza.


I vitalizi sono stati aboliti alla fine del 2011 e sono stati sostituiti da una pensione calcolata con metodo contributivo, in maniera non differente dal metodo di calcolo utilizzato per i dipendenti pubblici. La differenza tra i vecchi vitalizi e le nuove pensioni è soprattutto nel metodo di calcolo dell’assegno mensile. Secondo uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, i vecchi vitalizi permettevano a un parlamentare di incassare fino a cinque volte quando versava di contributi. Cominciando a riscuotere il vitalizio a 65 anni, se un ex parlamentare vivesse fino a 78 anni porterebbe a casa 3.108 euro lordi al mese per 13 anni, ottenendo così il 533 per cento di quanto versato in un quinquennio al ritmo di 1.006 euro al mese, contro il 102 per cento di un lavoratore dipendente medio pensionato con 35 anni di anzianità.

La ragione storica di quello che oggi appare un privilegio ingiustificato era permettere a chiunque, anche ai più poveri, di intraprendere la carriera politica, lasciando magari un lavoro sicuro, e avere comunque una qualche forma di sostentamento anche dopo il termine del mandato parlamentare. In una forma o in un’altra, il vitalizio è previsto a questo scopo da quasi tutte le grandi democrazie del mondo sviluppato. Nel corso degli ultimi anni, però, i vitalizi hanno assunto sempre più l’aspetto di un privilegio ingiustificato: in parte per la loro entità, in parte perché erano corrisposti anche ai consiglieri regionali, che proprio nell’ultimo decennio sono stati al centro di inchieste su sprechi, falsi rimborsi e stipendi fuori misura, e in parte per il diffuso e generalizzato disprezzo di buona parte degli elettori per i politici.

Quando il governo Monti approvò nell’inverno del 2011 una severa riforma delle pensioni (la riforma Fornero), il Parlamento e i consigli regionali approvarono una forte riduzione del vitalizi che spettavano ai loro membri. Il nuovo regolamento di Camera e Senato ha cancellato il vitalizio, mantenendolo per chi aveva però cessato il mandato prima della riforma e mantenendo anche regole diverse rispetto a quelle previste dai dipendenti nella legge Fornero. Dopo la riforma il vitalizio è stato ribattezzato “pensione dei deputati” e “pensione dei senatori”. Il metodo con cui viene calcolato l’assegno è quello “contributivo”, in cui cioè l’assegno è legato direttamente ai contributi che vengono effettivamente versati. Il risultato è stata una significativa riduzione dell’importo. I requisiti per ottenere queste pensioni sono rimasti invariati: un deputato o un senatore devono restare in carica per 5 anni effettivi e percepiscono la pensione dopo il compimento del 65esimo anno di età. Per ogni anno in cui resta in carica oltre i primi cinque, il parlamentare può godere della pensione con un anno di anticipo, anche se in nessun caso può iniziare a percepirla prima del 60esimo anno di età. In caso di fine anticipata della legislatura, le frazioni di anno contano come un anno intero se sono trascorsi più di sei mesi. Questo significa che per conteggiare i cinque anni necessari a vedersi assegnata la pensione, l’attuale legislatura dovrà durare almeno 4 anni, sei mesi e un giorno. Dovrà quindi terminare non prima del settembre 2017.

La principale contestazione del Movimento 5 Stelle è che, nonostante la riforma, il trattamento dei deputati sia rimasto di favore rispetto a quello riservato ai cittadini. Il loro obiettivo era dunque armonizzare il regime previdenziale dei deputati e dei senatori oggi in carica con quello dei lavoratori pubblici e privati, soprattutto in relazione all’età di maturazione del trattamento pensionistico; ma è un tema che di fatto non riguarda la proposta del PD, che coinvolge invece gli ex parlamentari che percepiscono un vitalizio sulla base di quanto stabilito dalla vecchia legge. La vicepresidente della Camera, Marina Sereni, dopo il voto favorevole dell’Ufficio di presidenza alla delibera ha spiegato che «la proposta del M5S non comportava alcun risparmio e non teneva conto dell’abolizione dei vitalizi parlamentari avvenuta nel 2012». Le stesse critiche sono state fatte dal presidente dell’INPS, Tito Boeri: «Se vogliamo avere dei risparmi significativi, infatti, bisogna intervenire sui vitalizi in essere».

Fonte: Il Post