martedì 23 febbraio 2016

Le elezioni in Iran, tutto quello che c'è da sapere

Il 26 febbraio si rinnoveranno il parlamento e l'Assemblea degli esperti. Queste elezioni rappresentano una sorta di voto di fiducia nei confronti di Rouhani

Una donna mostra la sua scheda elettorale. Credit: Morteza Nikoubazl

Venerdì 26 febbraio gli iraniani saranno chiamati a rinnovare il Majlis, il parlamento nazionale. Sono le prime elezioni nel paese all’indomani dell’accordo sul nucleare e della sospensione delle sanzioni internazionali.

Si tratta della decima tornata elettorale dalla nascita della Repubblica, nel 1979.

Queste elezioni rappresentano una sorta di voto di fiducia nei confronti del governo moderato di Rouhani. Avranno significative conseguenze per la sua eventuale rielezione nel 2017.

COSA SI ELEGGE

Sarà un doppio appuntamento elettorale, si eleggeranno infatti sia i 290 parlamentari, che l’Assemblea di esperti dell’Orientamento, un organo di 88 religiosi che saranno incaricati di nominare la prossima Guida suprema, il successore dell’Ayatollah Khamenei.

È la prima volta che si vota nello stesso giorno per rinnovare entrambe le istituzioni.

Sono quasi 55milioni gli iraniani aventi diritto al voto.

COME SI VOTA

Dei 290 membri del parlamento, 285 sono eletti direttamente, mentre cinque seggi sono riservati alle minoranze di zoroastriani, ebrei, assiri, caldei cristiani e armeni.

I 285 seggi sono assegnati in collegi uninominali o plurinominali.

Nei collegi uninominali i candidati devono ottenere almeno un terzo dei voti. Se nessuno ottiene questo risultato al primo turno, andranno al ballottaggio i due candidati più votati. Nei collegi plurinominali invece i seggi sono assegnati con il metodo proporzionale.

GLI SCHIERAMENTI

Per più di un decennio le istituzioni politiche iraniane sono state dominate dai conservatori. La rotta si è invertita nel 2013, quando è stato eletto il moderato Hassan Rouhani. Il governo attuale è formato da moderati, ma il parlamento è ancora composto in maggioranza da conservatori. Le elezioni di venerdì sono una prova di forza tra i due schieramenti.

A Teheran, la coalizione dei riformisti è guidata da un ex candidato presidenziale, Mohammad Reza Aref, una figura influente la cui decisione di dimettersi in favore di Rouhani nella corsa presidenziale del 2013, è stata fondamentale per la vittoria di quest'ultimo.

Il candidato di punta conservatore nella capitale è invece Gholamali Haddad-Adel.

I CANDIDATI

Tutti i candidati, che devono avere un’età compresa tra i 26 e i 75 anni e professare la religione islamica, devono passare al vaglio del Consiglio dei Guardiani, un organismo di religiosi e giuristi vicini all’Ayatollah Ali Khamenei.

Negli ultimi anni il Consiglio non ha approvato un numero significativo di candidati riformisti. Anche un nipote del padre fondatore della Repubblica islamica, l'ayatollah Ruhollah Khomeini, è tra quelli che sono stati scartati.

All'inizio erano oltre 12mila i candidati alla carica di parlamentari, ma metà di loro non hanno ricevuto l’approvazione dei Guardiani. Tra questi alcuni ex deputati e molte figure di spicco dell’area riformista. Sono rimasti in 6200 e tra questi 586 sono donne.

Nella sola Teheran sono circa mille i candidati, che si contendono solo 30 seggi. Per quanto riguarda invece i candidati all’Assemblea di esperti, di 800 teologi islamici solo 161 sono stati approvati.

RIFORMISTI E CONSERVATORI

Il candidato favorito dei riformisti è l'ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Lo scopo dei riformisti è quello di bloccare l’ingresso in parlamento dei tre principali leader ultraconservatori, Ahmad Jannati, Mohammad Yazdi e Mohammad Taghi Mesbah-Yazdi.

Rafsanjani, che ora ha 80 anni, è stato tra i membri fondatori della Repubblica Islamica e ha ricoperto la carica di presidente dal 1989 al 1997.

Durante la guerra tra Iran e Iraq, durata dal 1987 al 1988, Rafsanjani ha ricoperto il ruolo di alto rappresentante di Khomeini nel consiglio di difesa suprema, in qualità di comandante in capo delle forze armate iraniane.

Quando Khomeini morì nel 1989, Rafsanjani svolse un ruolo determinante nella nomina di Khamenei come attuale leader supremo.

Fonte: The Post Internazionale

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