venerdì 5 giugno 2015

Salvini fa il moderato: «I rom? Sono l’ultimo dei problemi»

L’intervento del leader leghista - in camicia e giacca - alla kermesse di Santa Margherita: «Io euroscettico? Sono gli altri che sono eurobamba»

Francesco Cancellato

Matteo Salvini, leader della Lega Nord (VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)

«Oggi ho messo la camicia? Sulla felpa "Giovani imprenditori di Confindustria" non ci stava». Inizia con una battuta, lo show di Matteo Salvini sul palco della tradizionale kermesse di Santa Margherita Ligure. Una platea, per lo meno in partenza, non certo favorevole al leader della Lega Nord. Lo sa, Salvini, e pungolato da Enrico Mentana gioca con gli stereotipi sul suo conto per smontarli. Rivendica il suo essere "populista" e poi cita Bagnai e Giscard d'Estaing, fa il verso a se stesso parlando di ruspe e poi ammette che nel creare un Paese a misura dei suoi figli, i rom sono «in fondo alla scala delle emergenze di questo paese». Spara sull'Europa, ma poi definisce se stesso più europeista degli “eurobamba” per cui l'Unione va bene a prescindere.

«Un giornalista all'ingresso mi ha chiesto come pensavo di convincere la platea: io però non sono venuto qui a convincere, ma a imparare», esordisce Salvini. Mente due volte, il leader leghista. Perché più che ascoltare, propone. E perché tali proposte sono un tentativo nemmeno troppo malcelato di riannodare i fili tra il mondo confindustriale e quello leghista, che mai si sono amati granché: «Oggi comincia un percorso che vorrei vi riguardasse tutti - sfida la platea -: sporchiamoci reciprocamente le mani, imprenditori e politici. Se a partire da oggi pomeriggio avrete voglia di parlarmi, di discutere, di litigare con me, io ci sarò». 

Un'apertura che strappa un applauso, questa, che arriva tuttavia dopo attacchi piuttosto decisi: «Io la trovo molto populista, poco vicino agli interessi delle imprese - lo apostrofa un'imprenditore dalla platea - In un'Italia senza euro, le case, che sono il patrimonio delle famiglie italiane per eccellenza, subirebbero una svalutazione del trenta per cento». E poi lo sfida chiedendogli, almeno, tre proposte concrete per far ripartire l'Italia.

«Ne ho dieci, non tre», gli risponde Salvini, anche se poi ne snocciola solamente sei: «Sovranità monetaria, senza dubbio - comincia -, e poi flat tax, certezza del diritto, abolizione delle sanzioni alla Russia, rinegoziazione dei trattati europei, abolizione della legge Fornero». Cita il professor Alberto Bagnai, suo economista di riferimento - «ti regalo i suoi libri», promette all'imprenditore che l'ha sfidato dalla platea - e più in generale afferma di volere un economia «più libera rispetto a quella che ha in mente il Partito Democratico, che obbliga all'uso del bancomat per acquisti sopra i 30 euro e mette l'Imu sui beni strumentali». Sulla svalutazione del patrimonio immobiliare, infine, ricorda come il patrimonio immobiliare italiano abbia «perso con l'euro il 60% del suo valore».

Si arriva sempre lì, all'Europa, vero bersaglio degli strali di Salvini: «Io credo che chi fa male all'Europa sono gli eurobamba, non gli euroscettici». E per dimostrare che non scherza, cita Giscard D'Estaing, uno dei padri dell'Unione: «l'Europa è disomogenea, è troppo grande ed è stata fatta troppo in fretta». Soprattutto, l'Europa è nata con criteri che penalizzano l'industria italiana. Spara contro il Ttip - «più vincoli per noi, più libero mercato per gli altri» - e contro la volontà dell'Unione Europea di riconoscere nella Cina un'economia di libero mercato - «una follia».

«Un governo Salvini cosa farebbe per le giovani imprese, per la nuova impresa?», lo provoca Mentana. «La Scozia non ti fa pagare le tasse per i primi tre anni, ad esempio - risponde il leader leghista -. Chiunque, nel 2015, venga qui a offrirvi idee mai sperimentate vi prende in giro. Io propongo buone pratiche sperimentate altrove». E nell'usato garantito di Matteo Salvini c'è spazio pure per un pensiero di lungo periodo: «La demografia è una scienza esatta - riflette - se non cambiamo marcia, la popolazione italiana del 2050 sarà fatta un terzo da anziani, un terzo da immigrati, un terzo da italiani sotto i 65 anni». Ma nessuno gli chiede cosa intenda per "cambiare marcia". Né tantomeno lui ritiene di doverlo specificare.

Fonte: Linkiesta.it

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