domenica 14 giugno 2015

Italiani, un popolo di santi, poeti, astronauti e ingegneri aerospaziali

Abbiamo lanciato il primo satellite negli anni Sessanta. Oggi siamo la sesta potenza mondiale e ci prepariamo allo sbarco sul Pianeta Rosso

Marco Sarti

Afp/Getty Images

Siamo un popolo di santi, poeti, navigatori. Ma anche di astronauti e ingegneri aerospaziali. Non tutti lo sanno, ma in quanto a confidenza con le stelle abbiamo poco da invidiare. A livello mondiale l’Italia è la sesta potenza del settore, la terza in Europa. I numeri danno un’idea più precisa: nel nostro Paese l’intero comparto aerospaziale occupa 50mila addetti con ricavi annuali di circa 14 miliardi di euro. Ma il solo settore spazio interessa 6mila addetti e un fatturato di 1,45 miliardi. A fornire i dati del fenomeno è una risoluzione parlamentare presentata questa settimana presso la commissione Attività produttive della Camera dei deputati. Un documento depositato dall’esponente del Partito democratico Daniele Montroni.

La leadership italiana viene da lontano. Il nostro Paese è stato uno dei fondatori della cooperazione scientifica internazionale in questo settore. Nel 1964 siamo stati i primi europei a lanciare in orbita un satellite, il San Marco 1, secondi solo a Stati Uniti e Unione Sovietica. Oggi l’impegno italiano verso la conquista dello spazio prosegue. Il soggetto istituzionale che si occupa delle nostre ambizioni stellari è l’Agenzia spaziale italiana, ente di ricerca vigilato dal ministero dell’Istruzione, università e ricerca. Fuori confine facciamo capo all’Agenzia spaziale europea (ESA) di cui siamo il terzo paese contribuente.

L’esperienza in orbita della nostra astronauta Samantha Cristoforetti - tornata a casa dopo 200 giorni di permanenza nello spazio - ha riportato al centro dell’attenzione l’impegno italiano nella realizzazione della stazione spaziale internazionale (ISS). «Un avamposto dell’umanità dello spazio», così la definisce l’ESA, che orbita a 400 chilometri dalla superficie terrestre. Senza dimenticare i quattro astronauti italiani in servizio attivo, la risoluzione parlamentare ricorda il ruolo del nostro Paese nella realizzazione del modulo “Cupola”, una vera e propria finestra sull’Universo «costruita sotto la supervisione di Thales Alenia Italia», e dei due nodi "Harmony” e “Tranquility”. Componenti cilindrici che «offrono importanti risorse per la connessione e la gestione operativa della Stazione - così spiega l’Agenzia spaziale europea - Oltre a funzionalità di produzione di acqua e generazione di ossigeno per il segmento americano della Stazione e spazio di stivaggio per le attrezzature».

Italici pionieri nello Spazio. Il documento di Montecitorio sottolinea l’esperienza del progetto tricolore Cosmo SkyMed. Satelliti radar le cui «eccellenti capacità tecnologiche giustificano il mantenimento di un ruolo di leadership internazionale dell’Italia in questo settore». Si tratta di un sistema di osservazione satellitare della Terra sviluppato dall’Agenzia Spaziale italiana insieme al Ministero della Difesa. Studiato per scopi militari e civili, è in grado di scrutare il nostro pianeta «metro per metro, di giorno e di notte, con ogni condizione meteo. Per aiutare a prevedere frane e alluvioni, a coordinare i soccorsi in caso di terremoti o incendi, a controllare dall’alto le aree di crisi».

Oltre il presente, il futuro è ricco di progetti. Lo scorso dicembre la riunione dei ministri competenti degli Stati membri dell’Esa ha approvato tre diverse risoluzioni. Anzitutto si prevede lo sviluppo di nuovi lanciatori spaziali: un investimento di 8 miliardi di euro in dieci anni per la costruzione di Ariane 6 e la nuova versione di Vega, il Vega C. «Un progetto in grado di competere con la crescente concorrenza statunitense, a cui l’Italia è chiamata a contribuire per il 10 per cento circa, pari a circa 80 milioni di euro annui sul decennio». Spazio, poi, all’aumento dei contributi per la stazione spaziale internazionale, con la previsione di 180 milioni di euro fino al 2020. La novità principale riguarda però le nuove esplorazioni. La riunione dei ministri ha dato il definitivo via libera a due missioni su Marte (2016 e 2018), «nelle quali l’Italia è il principale contribuente ed è coinvolta con gli stabilimenti di Torino della Thales Alenia Space». Per esplorare il Pianeta Rosso servono ovviamente fondi. «L’investimento complessivo previsto - si legge nella risoluzione parlamentare - è di 1,2 miliardi di euro, con un contributo italiano compreso tra il 35 e il 37 per cento». Dopo di noi, seguono Gran Bretagna, Francia e Germania.

Un impegno economico importante. Mentre lo scorso giugno il governo ha attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una cabina di regia sulla politica aerospaziale - con la presenza dei rappresentanti di ministeri, della Conferenza delle regioni e delle associazioni industriali - il Parlamento ha autorizzato i finanziamenti. «Nel corso dell’esame del disegno di legge di stabilità per il 2015 - si legge nella risoluzione - sono stati inseriti un contributo di 30 milioni di euro per gli anni 2015-2017 all’Asi (…) e un’autorizzazione di spesa di 60 milioni di euro per il 2016 e di 170 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 per la partecipazione italiana ai programmi dell’Agenzia spaziale europea». Le spese arrivano alle stelle, ma ne vale la pena.

Fonte: Linkiesta.it

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