giovedì 25 giugno 2015

#Caporalato, la schiavitù moderna


È mattina presto. Come ogni giorno esci di casa. Ogni giorno hai sempre meno speranze di trovare lavoro. Si avvicina un uomo che ti dice che ti può aiutare. Ha un lavoro per te. Si tratta di un lavoro in campagna. Accetti. Ti presenti il giorno successivo. Si inizia a lavorare alle cinque del mattino. Si finisce alle cinque del pomeriggio. Solo un’ora di pausa per il pranzo. Facce sconvolte, per coloro che sono al primo giorno di lavoro. Facce stanche, per chi ormai si è abituato. Facce senza nemmeno più l’ombra di speranza, per chi ormai ci lavora da anni.

Anziani, uomini di mezz’età, donne e ragazzi. Molti non sono nemmeno maggiorenni. Non sono ammessi sbagli, nemmeno se sei al tuo primo giorno di lavoro. Se sei troppo lento, ti arrivano schiaffi tremendi dietro la testa, accompagnati dall’urlo: ‘Devi andare più veloce! Ti pago per produrre!’. E se solo ti permetti di alzare gli occhi, di schiaffi ne arrivano altri due. Uno perché stai perdendo altro tempo. Un altro perché devi capire chi comanda.

‘Devi stare zitto!’ è un’altra frase che si sente dire molte volte. E spesso devi stare zitto per forza. Perché a casa hai due figli a cui dare da mangiare. E non puoi permetterti di perdere questo lavoro. Perché è proprio questa la cosa più vile. Che sfruttano la disperazione della gente.

Quando ti presenti il tuo primo giorno di lavoro, una delle prime cose che ti dicono è come comportarti se dovesse arrivare la guardia di finanza. Devi scappare. In qualunque direzione, devi correre il più lontano possibile. E non importa se non sei del posto, se quando ti fermi non sai dove ti trovi. Devi correre e basta. Se sei fortunato, troverai qualcuno disposto a darti un passaggio al centro abitato più vicino.

Per 12 ore di lavoro nei campi, sfruttato, maltrattato, disperato, vieni retribuito dai 20 ai 25 euro. Puoi arrivare a 28-30 euro se sei un lavoratore esperto. Che in gergo significa: se sei stato sfruttato per parecchi anni. E una parte del tuo ‘stipendio’, se cosi si può chiamare, viene trattenuto da chi, quel lavoro, te l’ha procurato: il ‘caporale’.

Stiamo parlando del caporalato. È un fenomeno diffusissimo, ma se ne parla poco. Troppo poco. È un fenomeno criminale. E disumano. Sfrutta la disperazione e i bisogni delle persone, spesso reclutate la mattina stessa in cui iniziano a lavorare. Italiani, africani, afghani,europei o asiatici. Chiunque.

No, non è la schiavitù negli Stati Uniti d’America, nel 1800. È la schiavitù in Italia, nel 2015.

Fonte: Qualcosa di Sinistra

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