lunedì 16 marzo 2015

Onorevoli ripensamenti. In 2 anni 200 cambi di partito

È un diritto costituzionale. I 5 Stelle hanno perso quaranta parlamentari, saldo positivo per il Pd

Marco Sarti

Afp/Getty Images

L’ultimo ad aver cambiato idea è Massimo Corsaro. Deputato di Fratelli d’Italia, dopo aver contestato invano l’alleanza con la Lega di Matteo Salvini, alla fine ha preferito cambiare aria. Salutando i vecchi colleghi e trasferendosi al gruppo misto. Nulla di scandaloso, Corsaro è in buona compagnia. Dall’inizio della legislatura sono quasi duecento i deputati e i senatori che ci hanno ripensato. Una volta eletti, hanno cambiato idea e sono passati con un altro partito. Intanto la geografia parlamentare è in continua trasformazione. E se in due anni gli elettori del Movimento Cinque Stelle hanno visto lentamente ridursi il gruppo dei propri rappresentanti, c’è anche chi può festeggiare. Matteo Renzi, ad esempio. Da quando il segretario democrat è diventato presidente del Consiglio, il Partito democratico si è trasformato in un incredibile polo di attrazione. E tra Camera e Senato ha già visto crescere il numero dei propri parlamentari di quasi quaranta unità. Miracoli del trasformismo.

Si parlava della lunga emorragia grillina. Nel giro di due anni i pentastellati hanno perso trentasei parlamentari. Non tutti sono andati via spontaneamente. Molti hanno cambiato idea strada facendo, altri sono stati espulsi dai vertici del movimento. Vittime delle epurazioni a cinque stelle. Dall’inizio della legislatura è stato uno stillicidio continuo, senza un attimo di sosta. Il primo a lasciare è stato il senatore Marino Mastrangeli. Se n'è andato il 30 aprile 2013, a pochi giorni dalle elezioni. Qualche settimana dopo lo hanno seguito i due deputati Alessandro Furnari e Vincenza Labriola. Un addio dopo l’altro, i gruppi grillini hanno perso sensibilmente consistenza. Gli ultimi in ordine di tempo sono i nove deputati che a fine gennaio scorso si sono trasferiti al gruppo misto, dove hanno creato la componente "Alternativa Libera”. Forse non è il caso di scomodare i dieci piccoli indiani di Agatha Christie, ma certo la tendenza è inquietante. A inizio legislatura i parlamentari grillini erano 163, ora ne sono rimasti 127.

Per un gruppo che dimagrisce, un altro aumenta notevolmente di peso. È il Partito democratico. Da inizio legislatura a oggi i parlamentari dem sono cresciuti di venti unità. Curiosamente quasi tutti i trasferimenti sono avvenuti in epoca recente, da quando Matteo Renzi è diventato presidente del Consiglio. Tra i più sensibili al richiamo del premier ci sono i parlamentari Sinistra Ecologia e Libertà. Il partito di Nichi Vendola ha “fornito” ai democrat ben undici deputati. Folgorati sulla via del Nazareno son passati tra le fila del Pd Ferdinando Aiello e Michele Ragosta, per primi. Poi il tesoriere Sergio Boccadutri. Lo scorso autunno, per ultimi, Titti Di Salvo, Luigi Lacquaniti, Fabio Lavagno, Martina Nardi, Ileana Piazzoni, Nazzareno Pilozzi, Alessandro Zan. Con loro anche il capogruppo di Sel Gennaro Migliore. Renzi piace a sinistra, ma anche al centro. Lo scorso ottobre si sono trasferiti tra i democrat i deputati del gruppo Per l’Italia Gea Schirò e Gregorio Gitti. Poco dopo li hanno seguiti i colleghi di Scelta Civica Andrea Romano, Ilaria Borletti e Irene Tinagli. A Palazzo Madama, invece, è passata sotto le insegne del renzismo quasi l'intera componente di Scelta Civica. Sei senatori su otto. Tra i pochi montiani a non trasferirsi nel Pd resta proprio Mario Monti, che preso atto della situazione ha optato per un più sobrio passaggio al Misto.

Un cambio di casacca dopo l’altro, si trasformano gli equilibri tra maggioranza e opposizione. Nulla di male, sia chiaro. È la stessa Costituzione italiana a difendere il diritto al ripensamento dei transfughi. L’articolo 67 della Carta stabilisce che ogni parlamentare esercita le sue funzioni «senza vincolo di mandato». Una norma inserita a tutela della libertà di ciascun eletto. Ne sanno qualcosa dalle parti dei berlusconiani. Nel novembre 2013 la creazione dei gruppi del Nuovo Centrodestra ha stravolto gli equilibri delle Camere. A lasciare il Popolo della Libertà - di lì a pochi giorni sarebbe diventato Forza Italia - sono stati una sessantina. Equamente distribuiti tra Montecitorio e Palazzo Madama. Per qualcuno quella scissione rappresenta ancora un tradimento, per altri un necessario cambio di rotta. Di certo da quel giorno il governo è diventato più stabile. E poi ci sono i doppi strappi. Dopo aver lasciato il Pdl, alcuni parlamentari hanno cambiato idea un’altra volta, e hanno abbandonato anche il Nuovo Centrodestra. Un paio di loro, con imprevista conversione a U, sono tornati direttamente al punto di partenza, in Forza Italia. Sono il senatore Antonio D’Alì e il deputato Alberto Giorgetti.

Più recente l’addio di Barbara Saltamartini. La portavoce del partito ha lasciato il Nuovo Centrodestra in polemica con l’elezione del presidente della Repubblica. Secondo alcune indiscrezioni la deputata romana sarebbe prossima a passare con la Lega di Matteo Salvini. Del resto neppure il gruppo padano è esente da cambi in corsa. Uscito in questi giorni il deputato valdostano Rudi Marguerettaz, direzione Minoranze Linguistiche, a breve potrebbero andarsene anche i parlamentari più vicini al sindaco di Verona Flavio Tosi. Mistero sul numero dei futuri transfughi. Tra Camera e Senato dovrebbero essere almeno in sei. Una volta consumato lo strappo, i tosiani sono pronti a creare una nuova componente all’interno del gruppo Misto. L’ennesima.

Fonte: Linkiesta.it

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