venerdì 31 gennaio 2014

Il caso Kercher dopo la sentenza


Amanda Knox durante il processo d’appello a Perugia, nell’ottobre del 2011. (Alessandro Bianchi, Reuters/Contrasto)

La corte d’assise di appello di Firenze ha condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito rispettivamente a 28 anni e sei mesi e a 25 anni per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia.

Ora l’Italia potrebbe presentare una richiesta di estradizione per riportare nel paese Amanda Knox, che attualmente si trova negli Stati Uniti. Il 31 gennaio a Raffaele Sollecito è stato notificato il divieto di espatrio. Sollecito è stato raggiunto dagli agenti della squadra mobile di Firenze e di Udine in un paese tra Udine e Tarvisio, dov’era andato prima che venisse resa nota la sentenza di condanna.

I familiari di Meredith Kercher hanno tenuto una conferenza stampa: “Siamo ancora in cammino verso la verità”.

Il caso Knox. Meredith Kercher, una studentessa britannica di 21 anni, fu ritrovata morta il 1 novembre 2007 nell’appartamento che condivideva a Perugia con altre ragazze.

Per l’omicidio, nel 2008, fu condannato a trent’anni di carcere Rudy Guede, un ragazzo di origine ivoriana. La pena è stata poi ridotta a 16 anni nel 2009.

Accusati dell’omicidio anche la studentessa statunitense Amanda Knox e il suo fidanzato dell’epoca, Raffaele Sollecito. Nel dicembre del 2009 i due furono condannati rispettivamente a 26 e a 25 anni di carcere. Ma nell’ottobre del 2011, in corte d’appello, la sentenza di primo grado fu annullata e i due furono assolti per mancanza di prove sufficienti della loro partecipazione all’omicidio.

La procura generale di Perugia, il 14 febbraio 2012, ha presentato ricorso in cassazione contro la sentenza di assoluzione di Knox e Sollecito. Si tratta dell’ultimo stadio del processo per la giustizia italiana.

Il ruolo dei mezzi d’informazione. Il processo è stato al centro di molte polemiche, soprattutto per l’esposizione mediatica dei protagonisti. I giornali statunitensi hanno accusato i mezzi d’informazione italiani di influenzare i giudici attraverso una rappresentazione negativa di Amanda Knox e la copertura troppo sensazionalista del caso.

Timothy Egan sul New York Times ha criticato duramente il sistema giudiziario italiano: troppo lento e pieno di negligenze. “Il sistema italiano non è giusto. Il destino di una ragazza è nelle mani di sei giurati e due giudici, che si vedono due volte a settimana e che si prendono delle lunghe vacanze prima di decidere il verdetto”.

Fonte: Internazionale

Leggi anche: Il caso Knox imbarazza Italia e Stati Uniti

giovedì 30 gennaio 2014

La fuga della Fiat, il ricatto di Electrolux. L’Italia sempre meno competitiva

Mentre i 5Stelle parlano di impeachment per Napolitano, prosegue silenziosa la fuga delle aziende (non solo quelle multinazionali) dall’Italia. Il caso di Fiat è solo la punta di un iceberg enorme che si sposta lentamente e che rischia di far affondare la nave Italia.

Gran Bretagna e Irlanda, un paradiso per le imprese. Il timore che, dopo la fusione con Chrysler, la Fiat avrebbe spostato la propria sede oltre oceano, si è rivelato infondato. Niente Detroit per Marchionne. Meglio trovare un buon compromesso per la sede fiscale tra Italia e Usa: la Gran Bretagna. Il Regno Unito è il paese europeo maggiormente interconnesso con l’economia americana. La scelta dei vertici di Fiat, però, è tutt’altro che esclusivamente simbolica. Infatti, in Gran Bretagna e in Irlanda vige un regime fiscale decisamente favorevole alle imprese, e non a caso gli stessi colossi americani hanno scelto di stanziarsi nella City o nella vicina irlandese Dublino per operare in Europa.

La riconoscenza non esiste. Così Fiat pagherà in Italia molte meno tasse. Con buona pace di chi ricorda a Marchionne che la Fiat si è salvata più volte grazie agli aiuti di Stato. Di acqua sotto i ponti ne è passata molta e soprattutto la parola “riconoscenza” non fa di certo rima con “economia”. Forse nemmeno di riconoscenza si può parlare perché la Fiat è stata salvata dallo Stato in primo luogo per mettere al sicuro i posti di lavoro di decine di migliaia di lavoratori e contenere così il disagio sociale e i relativi costi della cassa integrazione e dei sussidi di disoccupazione. Per questo Marchionne si sente le mani libere, senza comunque chiudere – per il momento – altri stabilimenti sul territorio italiano. In poche parole: “Vado dove mi conviene andare”.

Un paese poco competitivo. Altro caso emblematico è quello della Electrolux. L’azienda svedese ha alcuni stabilimenti in Veneto e in Friuli Venezia Giulia. Nei giorni scorsi ha sollevato il problema della competitività dei propri stabilimenti sul territorio italiano. Per rimanere in Italia, la società svedese ha annunciato di voler ridurre del 20% il costo del lavoro, altrimenti conviene andare a produrre nell’Europa dell’est. Il costo del lavoro è composto, oltre che dai soldi che finiscono nella busta paga degli operai e degli impiegati, anche dalle tasse che le imprese pagano su ogni salario elargito. Per ridurre il costo del lavoro, a tassazione invariata, l’unica strada è quella di ridurre il salario. Così i lavoratori dell’Electrolux che fino ad oggi hanno guadagnato 1.200 euro al mese, da domani potrebbero ritrovarsi con 700 euro in busta paga, con turni più duri e con meno festività. Qualcuno lo chiama ricatto, altri libero mercato. In entrambi i casi il problema vero sta a monte. Il nostro Paese non è competitivo e produrre in Italia ha costi elevati soprattutto per quei prodotti labour intensive a bassa tecnologia.

Il caso Whirlpool, mezza bufala. Nemmeno la vicenda Whirlpool – che ha deciso di chiudere uno stabilimento in Svezia per aprirlo a Varese – rappresenta un segnale di una qualche inversione di tendenza. La notizia, infatti, se in un primo momento ha girato rapidamente sui social network colpendo l’immaginario comune, negli ultimi giorni è stata decisamente ridimensionata. La stessa Whirlpool che sposta la produzione dei microonde dalla Svezia all’Italia, ha deciso di spostare dall’Italia in Polonia la produzione dei frigoriferi non da incasso, chiudendo la sede di Spini di Gardolo (TN) e mandando a casa quasi 500 dipendenti. Altro che investimenti in Italia, si tratta solo dell’ennesima razionalizzazione industriale che oramai avviene a livello transnazionale, dove i lavoratori sono solo pedine del gioco.

Meno burocrazia e meno tasse sul lavoro. Oggi, nell’Unione europea non sono più possibili gli aiuti di Stato alle imprese in difficoltà. Questi hanno rappresentato il sistema più semplice per consolidare il processo di industrializzazione del Paese, ma anche il sistema più errato, favorendo le imprese più inefficienti, aiutate anche da una raffica di svalutazioni competitive della moneta. Oggi questo non è più possibile. Ma rimane nelle mani del legislatore ancora un’arma: quella della competizione normativa. Le imprese vanno dove c’è meno burocrazia e dove il costo del lavoro è inferiore. Per questo il governo e il parlamento non resta che imitare i paesi più virtuosi o indicare un modello alternativo (che di certo non può più essere quello italiano degli ultimi decenni). In ogni caso i percorsi da seguire sono due: sburocratizzazione e riduzione del costo del lavoro. Per raggiungere quest’ultimo obiettivo senza incidere sugli stipendi e salari, è necessario ridurre il cuneo fiscale, cioè la differenza che c’è tra il costo che l’azienda sostiene per ogni singolo lavoratore e quanto quest’ultimo vede entrare nelle proprie tasche. Va tagliata la tassazione sul lavoro (incrementando quella sulle rendite finanziarie e non) e, se non fosse sufficiente, anche le spese della macchina pubblica. Senza queste riforme, una buona legge elettorale non serve a nulla e l’impeachment di Napolitano ancor meno.

Fonte: Diritto di critica

mercoledì 29 gennaio 2014

Il nuovo logo di Fiat Chrysler - FCA


Ecco il nuovo logo del gruppo Fiat Chrysler Automobiles. La nuova sede legale sarà in Olanda, mentre la sede fiscale sarà in Gran Bretagna. Non in Italia o negli Stati Uniti. Specificano dall'azienda che questa scelta "non avrà effetti sull’imposizione fiscale cui continueranno ad essere soggette le società del Gruppo nei vari Paesi in cui svolgeranno le loro attività".

martedì 28 gennaio 2014

Bonifiche, chimera o realtà? Il dossier di Legambiente


Il nostro paese è groviera, pieno di buchi, cioè di aree altamente inquinate da bonificare. 100mila ettari di interesse nazionale, oltre 6mila le aree a livello regionale. E le bonifiche, attese anche da decenni, non partono. Nel frattempo c'è chi ci muore, o chi ci fa affari (sporchi) d'oro. Quanto ancora dobbiamo attendere?

Il dettaglio dello stato di (non)avanzamento delle bonifiche nel dossier "Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà" a questo link: http://www.legambiente.it/bonifiche-siti-inquinanti-dossier

Potete anche sfogliare e scaricare il dossier direttamente da questo link: http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/dossier_legambiente_-_le_bonifiche_in_italia_2014.pdf

lunedì 27 gennaio 2014

27 gennaio: giornata della Memoria. Per non dimenticare...


Oggi è la giornata della Memoria, per commemorare le vittime del nazismo e del fascismo, dell'Olocausto. Il 27 gennaio del 1945 furono aperti i cancelli della città polacca di Auschwitz e fu svelato l'orrore del campo di sterminio, delle deportazioni, del genocidio nazista che causò la morte di milioni di persone, soprattutto ebrei. Ricordare la Shoah, conservare nel tempo la memoria di un periodo nero della nostra storia, per non dimenticare l'orrore e le vittime.

domenica 26 gennaio 2014

Intervista a Carmine Schiavone sulla camorra nell'alto Casertano (seconda parte)

Anche oggi, sulla Gazzetta di Caserta, sono state pubblicate le dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone che racconta la camorra nei comuni di Teano, Vairano, Caianello e dintorni. La seconda parte dell'intervista in cui l'ex boss dei casalesi parla dei rifiuti sversati nella nostra zona


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sabato 25 gennaio 2014

Intervista a Carmine Schiavone sulla camorra nell'alto Casertano (prima parte)

Per chi non lo sapesse (mi rivolgo soprattutto ai lettori che seguono Informare è un dovere dalle varie zone d'Italia e ai blog amici), io abito a Pietramelara, un piccolo comune dell'alto Casertano. Anche nel mio territorio, purtroppo, la camorra è radicata. Dunque, non è solo un problema della c.d. Terra dei fuochi, tra le provincie di Caserta e Napoli. La camorra esiste anche nell'alto Casertano, una zona considerata ancora da molti incontaminata e pulita, e non solo dal punto di vista ambientale. Ma anche qui, seppur (forse) in maniera ridotta, la camorra è presente e 'lavora'. Oggi voglio proporvi una esclusiva, che ho già pubblicato stamattina su Facebook. Sulla Gazzetta di Caserta sono state pubblicate le dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone che racconta la camorra nei comuni di Teano, Vairano, Caianello e dintorni. Una lunga intervista, a cura dell'amico Stefano Peccerillo, spalmata su due giorni, in cui l'ex boss dei casalesi parla di omicidi e rifiuti nella nostra zona. Domani la seconda parte dell'intervista.


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venerdì 24 gennaio 2014

La bufala della larva gigante in Campania


Negli ultimi giorni si era diffusa la notizia del ritrovamento di una larva gigante di punteruolo rosso a Capriati al Volturno, piccolo paese dell'alto Casertano, in Campania, a pochi chilometri dal confine molisano. La notizia, alimentata dalle condivisioni sui social network (Facebook in primis), si è riversata in poche ore sulle bacheche di migliaia di persone. Ovviamente si tratta di una bufala colossale venuta fuori improvvisamente da alcuni siti casertani. La notizia, in effetti, sarebbe di quelle choc, e riguarda un killer silenzioso, il punteruolo rosso, insetto che ha sterminato milioni di palme giganti, almeno la metà di quelle esistenti al Centro-Sud. Come si può notare dalla foto, una larva gigante dell'animale sarebbe caduta al suolo da una palma morta emettendo persino suoni equini. Roba degna di un film di fantascienza. Ma nella realtà la larva è solo un poco più grande di un comune scarafaggio. In pratica, è bastato un semplice ritocco grafico per far parlare addirittura di mutazioni genetiche dovute alle radiazioni dei rifiuti. Ecco, testualmente, cosa hanno riportato i siti campani: "I vigili del Fuoco hanno rinvenuto a Capriati al Volturno una larva gigante di punteruolo rosso, (Rhynchophorus ferrugineus) micidiale parassita di molte specie di palme, famosa per aver distrutto milioni di piante negli ultimi tempi in Italia. La larva, dalle dimensioni incredibili, era ancora viva ed emetteva acuti striduli da poter essere confusi con un nitrito di cavallo". Oggi, attraverso i social, tutto diventa vero. Smettiamola con queste pagliacciate. Queste notizie false non fanno altro che aggravare le nostre terre gettando ulteriore fango sui cittadini campani.

giovedì 23 gennaio 2014

Adesso la Russia teme per i Giochi di Sochi

Saranno oltre 60mila (tra poliziotti e forze di sicurezza speciali) gli uomini incaricati di proteggere atleti, turisti e giornalisti ai prossimi Giochi Olimpici invernali di Sochi (dal 7 febbraio), eppure la Russia in queste ore convive con una doppia paura. Quella di nuovi attentati terroristici e quella di fallire, mentre il mondo la guarda, un appuntamento cruciale per la propria immagine, che mette sotto una lente di ingrandimento i fasti ma anche le brutture e le contraddizioni dell’era di Putin.

Le minacce terroristiche L’azione dei ribelli islamici del Daghestan, nel Caucaso del Nord, da tempo in duro scontro con le forze dell’ordine russe, preoccupa e non poco il Cremlino. Proprio due giorni fa è stato diffuso online un video indirizzato a Putin, nel quale si minaccia chiaramente la Russia e il regolare svolgimento dei Giochi: «Se terrai queste Olimpiadi – avvertono in russo due uomini dichiaratisi della cellula terroristica di Ansar-al Sunah – ti faremo un regalo per l’innocente sangue musulmano versato in Afghanistan, in Somalia, in Libia, e ci sarà un regalo anche per i turisti che verranno». Durante il messaggio, lungo 49 minuti, i ribelli rivendicano anche il doppio attentato di Volgograd, che tra il 29 e il 30 dicembre scorsi fece 32 vittime e più di 70 feriti, e affermano che questo è solo l’inizio delle sofferenze per il popolo russo. In questi giorni la violenza non si è fermata: ultimo il caso della doppia esplosione nella città di Makhachkala, nel Daghestan, che ha provocato sette feriti, tra cui due poliziotti. Era stato Doku Umarov, capo dei miliziani ceceni e mente del progetto dell’Emirato del Caucaso del Nord (uno Stato islamico indipendente a est di Sochi, entro il confine russo meridionale), a dichiarare le ostilità sollecitando attacchi in vista delle Olimpiadi. In queste ore le autorità stanno dando la caccia ad una ragazza ventitreenne che si pensa stia raggiungendo la zona delle gare ed è indicata come una delle “vedove nere”, le kamikaze del Caucaso che seminano terrore da mesi nel Paese.

La scommessa di Putin Vladimir Putin ha dichiarato alla Bbc che sono state prese tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza durante i Giochi: «Cercheremo di assicurare lo svolgimento della manifestazione senza essere troppo intrusivi. Proteggeremo il nostro spazio aereo, quello marino e i confini di montagna». In vista dell’evento pronti anche cani anti-esplosivo, 23mila unità del Ministero per le emergenze, missili antiaerei, più di cinquemila telecamere e velivoli militari teleguidati. «Questa è una grande occasione non per me, ma per la Russia e il nostro popolo – ha spiegato Putin – dopo il collasso dell’Urss, e gli eventi sanguinosi nel Caucaso, la nostra società era piombata nel pessimismo. Ora abbiamo bisogno di darci una scossa». Per il leader russo saranno Giochi cruciali e sui quali pendono ancora le polemiche sulla legge in tema di omosessualità e sulla presunta corruzione intorno all’organizzazione delle Olimpiadi (che sono costate secondo l’opposizione ben tre volte tanto quelle classiche di Londra 2012).

I timori degli Usa Ma la tensione resta comunque alta, tanto da indurre gli Stati Uniti a classificare come “reale” la minaccia degli estremisti islamici: «Stiamo intensificando gli sforzi di collaborazione con la Russia – ha dichiarato Micheal Mccaul, il presidente della Commissione di Sicurezza Usa – due dozzine di agenti dell’Fbi sono stati inviati al servizio della sicurezza delle Olimpiadi». Negli ultimi 13 anni i terroristi del Caucaso hanno compiuto 20 attentati causando la morte di 790 persone.

Fonte: Diritto di critica

mercoledì 22 gennaio 2014

Camorra, 90 arresti tra Campania, Toscana e Lazio: smantellato clan Contini

La lotta alla mafia continua senza sosta. Direzione nazionale antimafia e Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Roma e Firenze hanno condotto un'importante operazione che ha portato all'arresto di 90 persone accusate di far parte del clan di camorra dei 'Contini'. Le forze dell'ordine hanno anche sequestrato beni per 250milioni di euro.

L'epicentro dell'inchiesta riguardava le operazioni di reinvestimento dei proventi economici di gruppi camorristici in imprese e operazioni economiche a Napoli e in altre zone della Campania, a Roma e in Toscana. Ora, i Tribunali di Roma, Napoli e Firenze hanno emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere contro 90 persone: la palla, poi, passerà a Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza.

Registi dell'inchiesta, il procuratore nazionale Franco Roberti e Giovanni Colangelo, che ha guidato la Dda di Napoli. Tra le forze dell'ordine, invece, hanno agito la Squadra mobile della Questura di Napoli, il Gico della Guardia di finanza del capoluogo campano, i Carabinieri di Roma, dal Centro operativo di Roma della Direzione investigativa antimafia e il Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Pisa.

Nella Capitale sono oltre 20 i locali, tra bar e ristoranti, sequestrati questa mattina nel pieno centro storico, molti dei quali, in gran parte nei pressi del Pantheon, di piazza Navona, di via del Corso e di piazza di Spagna sono targati "Pizza Ciro", "Sugo"

A Roma un uomo è morto dopo essersi gettato dalla finestra in seguito all'arrivo della polizia, giunta a casa sua per arrestarlo. L'episodio è avvenuto all'alba nella capitale, in via Guido Banti, zona Tor Di Quinto. Il 43enne, Giuseppe Cristarelli, imprenditore di origini campane, era uno dei 90 destinatari della misura cautelare

Lazio, Campania e Toscana hanno fatto un importante passo in avanti verso la 'pulizia' del loro territorio.

Fonte: Il numero zero

martedì 21 gennaio 2014

Continuano gli scontri nelle piazze di Kiev


A Kiev, in Ucraina, il 21 gennaio 2013. (Genya Savilov, Afp)

Terzo giorno consecutivo di scontri a a Kiev, in Ucraina. Nella notte un gruppo di manifestanti ha lanciato fuochi d’artificio e bombe molotov contro la polizia che faceva la guardia al parlamento ucraino. Le forze dell’ordine hanno risposto con cariche e manganellate.

Sono state arrestate 32 persone, secondo il ministero dell’interno ucraino. Sempre secondo il governo, 119 poliziotti sono stati feriti negli ultimi due giorni. Gli scontri sono proseguiti anche la mattina del 21 gennaio.

La Russia ha assicurato il suo appoggio al governo ucraino e ha accusato l’Europa per il suo sostegno all’opposizione. “Preferiremmo che i nostri colleghi europei non si comportassero in modo così disinvolto riguardo alla crisi ucraina. È semplicemente indecente”, ha detto il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov. 

Le immagini degli scontri di stanotte, pubblicate dal quotidiano Russia Times.



Le ragioni dell’opposizione. I manifestanti protestano contro la nuova legge sull’ordine pubblico approvata il 16 gennaio dal parlamento ucraino. La riforma prevede il divieto di accamparsi nei luoghi pubblici senza autorizzazione, la responsabilità penale per chi diffama i funzionari governativi, indossa maschere antigas o caschi, e per chi distribuisce materiale di propaganda.

Chi monta una tenda in un luogo pubblico rischia circa 570 euro di multa e fino a quindici giorni di carcere. Secondo l’opposizione il governo ha approvato la nuova legge per impedire le manifestazioni.

L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno condannato la norma approvata dal parlamento ucraino e hanno chiesto la fine delle violenze. Gli Stati Uniti hanno minacciato sanzioni economiche, se le crisi politica non sarà superata.

Il 19 gennaio il presidente ucraino Viktor Janukovič ha accettato di aprire un negoziato con l’opposizione: ha annunciato la creazione di una commissione bipartisan per trovare un accordo con l’opposizione e risolvere la crisi politica.

Ma uno dei leader dell’opposizione, l’ex ministro Yuriy Lutsenko, ha detto che potrebbe essere troppo tardi per trovare un compromesso, scrive Radio Free Europe.

Come è cominciato tutto. Dal 24 novembre in Ucraina decine di migliaia di persone manifestano contro la decisione del presidente Janukovič di non firmare l’accordo di associazione con l’Unione europea al summit di Vilnius del 28 e 29 novembre. La firma del patto avrebbe significato un allontanamento dall’influenza economica russa, e un avvicinamento a Europa e Stati Uniti.

Il 17 dicembre il governo ucraino ha firmato un nuovo patto di cooperazione economica con la Russia. L’accordo, siglato dopo un incontro a Mosca tra Vladimir Putin e Viktor Janukovič, prevede 15 miliardi di dollari in aiuti finanziari per Kiev e uno sconto sul prezzo del gas che la Russia vende all’Ucraina tramite la compagnia statale Gazprom.

Fonte: Internazionale

lunedì 20 gennaio 2014

E' morto Claudio Abbado, una vita in musica


È morto oggi a Bologna il direttore d’orchestra Claudio Abbado. Aveva 80 anni ed era malato da tempo. Nato a Milano il 26 giugno del 1933, Abbado è stato uno dei più importanti maestri d’orchestra del mondo. Fino al 1955 compie i suoi studi al conservatorio di Milano, specializzandosi in composizione, pianoforte e direzione d'orchestra. Nel 1958 ha cominciato a dirigere con la New York Philharmonic. Nel 1959 debutta a Trieste come direttore sinfonico. Dal 1968 al 1986 è stato direttore artistico del Teatro alla Scala. Nel 1971 viene nominato direttore principale dei Wiener Philharmoniker. Dal 1979 al 1987 è stato direttore musicale della London Symphony Orchestra. Nel 1982 ha fondato la Filarmonica della Scala. Dal 1981 è stato direttore ospite principale della Chicago Symphony Orchestra. Dal 1986 è stato direttore della Staatsoper di Vienna. Dal 1989 al 2002 è stato direttore artistico dei Berliner Philharmoniker. Nel 1986 ha fondato la Mahler Jugendorchestra per valorizzare i giovani musicisti. Nel 2003 ha fondato l’Orchestra del Festival di Lucerna e nel 2004 l’Orchestra Mozart di Bologna. Il 30 agosto 2013 viene nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Link: Claudio Abbado (da Wikipedia)

domenica 19 gennaio 2014

Renzi-Berlusconi: ovvero il passaggio di testimone da un ventennio ad un altro

Ieri, nella sede del Pd, s’è consumato qualcosa di più che un semplice incontro tra opposti leader di partito. Ieri, nella sede del PD, si è consumato un vero e proprio passaggio di testimone.

Un passaggio che Berlusconi avrebbe voluto fosse tutto interno al Pdl – Renzi è stato corteggiato con vigore dal fondatore di Mediaset – e che invece è finito per essere tra schieramenti opposti. Renzi è il nuovo Berlusconi – sia chiaro in termini di forza comunicativa e capacità di cogliere il tempo in cui vive -. E’ il segretario “predestinato” ad un ventennio sulla cresta dell’onda.

E Berlusconi l’ha capito prima degli altri, meglio degli altri. Per questo ieri è andato, per la prima volta, nella sede del PD. Perché sapeva di avere di fronte a sé un democristiano vero. Un uomo capace di parlare alla gente ma anche di tessere trame di partito. Sapeva che, per la prima volta, non si sarebbe seduto di fronte un ex membro del PCI ma di fronte ad un giovane rampante che non ha bisogno di lui per costruire consenso.

Perché la paura di Berlusconi è tutta qui. Per la prima volta non si trova di fronte un leader che vive di “anti-berlusconismo”, di “specchio-riflesso” ma un politico che brilla di luce propria e che rischia di oscurare quella dell’uomo di Arcore.

Al tempo stesso, in questo momento, Renzi ha bisogno di Berlusconi. Ne ha bisogno per dare la spallata giusta al governo Letta, per approvare la riforma elettorale ma, sopratutto, sondaggi alla mano, ha bisogno di una legge che gli consenta la governabilità nonostante un possibile scarto ridotto tra i due schieramenti.

Ieri a Sant’Andrea delle Fratte (sede del PD, ndr) si è consumato l’incontro tra due uomini che vogliono qualcosa l’uno dall’altro. Due uomini che si guardando come se negli occhi dell’altro ci fosse anche un po’ di se stessi.

Per questo ieri non s’è consumato, solo, un incontro tra due leader. Non era un icontro come i tanti a cui abbiamo assistito in questi anni, no. Era un vero e proprio passaggio di testimone. Era la resa di Berlusconi verso il vincitore in pectore – con tutto ciò che questo comporta -. Berlusconi sa di non poter battere il giovane Renzi sul terreno del “comunismo”, dello “stalismo”, etc… Sa che non può batterlo nelle piazze e, forse, neanche in tv. E allora non gli resta che cedere lo scettro.

E così sarà “Matteo” – come lo chiamano tutti – a guidare il primo scontro postideologico di questa Repubblica. Lo farà contro Grillo che utilizzerà quest’incontro per rosicchiare altri punti a sinistra mentre lui – il Sindaco di Firenze – utilizzerà Berlusconi per rosicchiarne al centro.

Così, mentre tutti sono intenti a rosicchiare l’uno dall’altro, a noi non resta che raccogliere le macerie di questi 20 anni di berlusconismo e avviarci verso altri vent’anni di dibattiti sul nuovo “uomo solo al comando”.



Fonte: fanpage.it

sabato 18 gennaio 2014

Il discorso di Obama sull’Nsa in cinque punti


Obama durante il discorso a Washington, il 17 gennaio 2014. (Kevin Lamarque, Reuters/Contrasto)

Il 17 gennaio il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto una conferenza stampa nella sede del dipartimento di giustizia, a Washington, per annunciare una riforma della National security agency (Nsa), l’agenzia d’intelligence statunitense al centro dello scandalo Datagate.



Le proposte del presidente riassunte dal Washington Post.

  • Le agenzie di spionaggio statunitensi non raccoglieranno più i metadati dei tabulati telefonici. Questo significa la fine del programma di sorveglianza dell’Nsa denunciato da Edward Snowden, almeno per come è concepito ora. Ci vorrano mesi per chiuderlo definitivamente. Nel frattempo il presidente ha deciso di mettere dei limiti all’attività delle agenzie.
  • Obama vuole comunque garantire al governo l’accesso ai tabulati per alcuni casi specifici. Non ha ancora deciso come, ma ha elencato un paio di possibilità: le compagnie telefoniche potrebbero conservare i tabulati dei loro clienti e dare l’accesso al governo solo per ordine di un tribunale. Oppure si potrebbe creare un nuovo ente, in grado di raccogliere e proteggere grandi quantità di metadati.
  • Il presidente vuole che lo spionaggio degli alleati finisca. I capi di stato “amici” saranno d’ora in poi esclusi dalla sorveglianza elettronica. I funzionari della Casa Bianca hanno detto che le intercettazioni su questi obiettivi in realtà sono già state interrotte. Ma ci sono delle eccezioni. Obama non ha chiarito cosa intende per “alleati più stretti”, e dalle intercettazioni non verranno comunque esclusi i collaboratori dei leader stranieri.
  • Obama chiede al congresso di creare un comitato indipendente di public advocates (difensori pubblici) che devono intervenire nei casi di violazione della privacy da parte delle agenzie governative.
  • Il presidente ha promesso maggiore protezione per la privacy dei cittadini stranieri, aggiungendo che saranno intercettati solo per questioni di sicurezza nazionale.

Fonte: Internazionale

venerdì 17 gennaio 2014

Quelle notizie scomparse sugli stupri in India

Certe notizie passino in sordina: se ne parla appena. Difficile non notare, per esempio, quanta poca attenzione sia stata dedicata al caso della ragazza indiana che, a fine dicembre 2013, è stata brutalmente stuprata e uccisa. Di lei non si è saputo molto: prima si è detto avesse sedici anni, poi l’età è scesa a dodici. Le uniche certezze, in questa tragica vicenda (perché è di tragedia che si sta parlando), sono la sua nazionalità (indiana) e le scabrose sevizie che, per più di una volta, ha dovuto subire.

Originaria di Bihar, la giovane, alla quale i media non han concesso neanche il beneficio di un nome fittizio, si era trasferita a Madhyamgram, vicino alla capitale del West Bengala, per studiare. Il primo stupro avviene il 26 ottobre quando, con l’inganno, Chhotu Talukdar, grossista di pesce, porta la ragazza in una casa abbandonata. Qui, insieme ad altri cinque amici, abusa di lei. I genitori della ragazza la ritrovano il mattino successivo, incosciente in un campo. I familiari si presentano subito al commissariato di polizia per denunciare l’accaduto e chiedere protezione. Ma la banda di Chhotu Talukdar, venendo a conoscenza dell’esposto, sequestra e violenta nuovamente la giovane. Il padre, per sfuggire alla persecuzione, decide di cambiare casa, spostandosi nella zona aeroportuale. Le minacce, tuttavia, continuano e la famiglia è costretta a ritirare la denuncia. Ma gli aguzzini, non paghi, trovando la vittima sola in casa, le danno fuoco. Le infezioni dovute alle ustioni si propagano e, il 31 dicembre, la studentessa muore. Qualche giorno prima di morire, in un momento di lucidità, la ragazza fa nomi e cognomi di due degli stupratori (Minta Sil e Ratan Sil).

La vicenda suscita forte indignazione: poco dopo il decesso della giovane, infatti, migliaia di manifestanti, aderenti al Partito comunista, intellettuali ed esponenti della società civile, scendono in piazza per manifestare contro l’ennesimo caso di violenza sessuale e per contestare l’agire della polizia, colpevole, secondo molti, di aver cercato di chiudere questa storia in modo sbrigativo. La violenza carnale è sempre un atto efferato, perverso e codardo. Uno scandalo contro il corpo della donna, una bestemmia contro la vita. Ma la singolare efferatezza, fisica e psicologica, che questa ragazzina ha subito, è qualcosa che inibisce il cuore e la mente. Secondo l’Hindustan Times, tra l’altro, la giovane era incinta di uno degli stupratori.

L’India non è nuova a questo genere di notizie: come non ricordare, il caso della studentessa selvaggiamente violentata a bordo di un autobus? Quanti sono, però, in una società che reprime la sessualità femminile e la vincola al giogo maschile, i casi nascosti, taciuti, depistati (spesso dalle stesse forze dell’ordine)? Quali quelli giudicati legittimi? Il ministro delle finanze Chidambaram ha fatto sapere che la commissione del governo per gli Affari economici ha approvato la proposta di installare dispositivi Gps e telecamere sui bus, a tutela delle donne. Ma un cancro che mina il nome di una nazione civile, non si cura con leggi speciali, né, tanto meno, con escamotage da quattro soldi. Bisogna educare, educare ed educare ancora: solo attraverso una cultura del rispetto, possono nascere uomini migliori. Uomini rispettosi delle loro madri, delle loro mogli, delle loro figlie ma, soprattutto, delle loro donne.

È triste constatare come nel nostro universo, bombardato incessantemente da sanguinose notizie di cronaca, uno stupro non susciti indignazione per il semplice fatto di essere “lontano”. Anche questa violenza sembra sia stata relegata a mero fatto: qualcosa alla quale si è abituati, ormai, a sentir parlare. Si sa: durante le feste, fra una fetta di pandoro e un calice di vino, a certe notizie, si preferisce non dare troppa pubblicità. Ma, forse, incominciare a discutere, con serietà e coscienza, di un problema attuale come lo stupro, potrebbe segnare il passo verso un mondo migliore.

Fonte: Diritto di critica

mercoledì 15 gennaio 2014

Errore a L'Eredità: l’Italia è una Repubblica fondata sulla famiglia


Siamo a L'Eredità, il programma a quiz presentato da Carlo Conti su Raiuno. La domanda è semplice: secondo l'articolo 1 della nostra Costituzione, l'Italia è una repubblica democratica fondata su cosa? La risposta corretta è ovviamente lavoro. Ma il ragazzo sbaglia clamorosamente rispondendo famiglia. L'ennesimo errore che dimostra quanto i giovani conoscano poco la storia e la Costituzione del proprio paese. Ecco il video:

martedì 14 gennaio 2014

Torino dice sì alla cannabis legale, è la prima tra le grandi città

Torino è la prima grande città italiana a dire sì all’uso della cannabis. Il Consiglio comunale ha, infatti, approvato due ordini del giorno presentati da Marco Grimaldi di Sel e Silvio Viale, radicale eletto nel Pd. Alla Regione Piemonte chiedono di omologarsi ad altre regioni italiane – sono Veneto, Toscana e Liguria – per utilizzare la marijuana a fini terapeutici. Nel testo, approvato con 24 voti favorevoli, si chiede alla Giunta “di adoperarsi nei confronti della Regione Piemonte per concedere l’uso terapeutico della cannabis ai malati, e nei confronti del Ministero della Sanità per la produzione di farmaci sintetici e naturali a base di cannabinoidi”. Al Parlamento Torino chiede, invece, di abolire la legge Fini-Giovanardi e poter utilizzare la cannabis non solo a scopo terapeutico ma anche ricreativo.

Prima città a pronunciarsi sulla legalizzazione delle droghe leggere - Quest’ultimo provvedimento è passato per soli due voti di scarto: 15 i sì (Sel, parte del Pd, IdV e M5S), 13 i no e 6 astenuti tra cui il sindaco della città Piero Fassino. Secondo il primo firmatario dell’odg, Marco Grimaldi di Sinistra Ecologia e Libertà, “Torino è la prima grande città in Italia a pronunciarsi sull’abrogazione della legge Fini-Giovanardi e sulla legalizzazione delle droghe leggere”. Vogliamo mettere fine - ha spiegato ancora – “alle politiche proibizionistiche che hanno solo regalato ai narcotrafficanti centinaia di miliardi di euro, e togliere dall’illegalità centinaia di migliaia di cittadini”.

Fonte: fanpage.it

lunedì 13 gennaio 2014

La Reggia di Carditello è dello Stato


Una buona notizia, non solo per la provincia di Caserta e la Regione Campania, ma anche per l'intera Nazione. Dopo una serie infinita di problemi (vari tormenti societari, innumerevoli razzie vandaliche e degrado persistente della struttura n.d.r.), la meravigliosa Reggia di Carditello, sita in San Tammaro (CE), adesso appartiene a tutti gli italiani. La stupenda Versailles agreste dei Borbone, infatti, ora è di proprietà dello Stato. Erano anni che la magnifica residenza settecentesca progettata come reggia di caccia per Carlo di Borbone da Francesco Collecini, braccio destro di Luigi Vanvitelli, e trasformata poi da Ferdinando IV in una villa delle delizie al centro di una tenuta di 2.070 ettari, pareva avviata a diventare un rudere degradato. La Reggia di Carditello diventa finalmente patrimonio dello Stato. Nella mattinata di sabato 11 gennaio si è svolta una festa alla Reggia borbonica. Il ministro dei Beni e delle attività culturali Massimo Bray ha incontrato cittadini, associazioni e istituzioni, mantenendo la promessa di restituire a tutti la tenuta reale ribadita anche in occasione della tragica scomparsa di Tommaso Cestrone, il volontario scomparso nella notte di Natale in seguito a un infarto, che per quasi tre anni si è preso cura del sito borbonico. Una giornata storica in cui si è compiuto un 'miracolo italiano' che restituisce a tutti i cittadini un prezioso bene culturale, tesoro d’Italia, patrimonio dell’Umanità: la Reggia di Carditello. Il real sito, se restaurato e valorizzato, può diventare un importante luogo di interesse turistico nazionale, al pari del vicino Palazzo Reale di Caserta.

Andrea De Luca

Qui sotto il servizio su Carditello a cura di Thomas Scalera con la collaborazione di Rosanna Diana per PlanetMagazine

giovedì 9 gennaio 2014

Le scuole italiane cadono a pezzi: nel 40% dei casi non hanno il certificato di agibilità

“Ecosistema scuola 2013″: è questo il nome dell’ultimo report realizzato da Legambiente, che mette in luce lo stato degli edifici scolastici in tutto il paese. Nel mirino dell’associazione sono finiti 5.301 edifici che ospitano le scuole delle città capoluogo italiane. Il quadro che emerge è assolutamente drammatico. Basti pensare che il 40 % degli edifici è sprovvisto del certificato di agibilità, mentre nel 37,6% dei casi è necessaria una manutenzione. Nel 60% dei casi i complessi sono stati edificati prima del 1974. A completare il quadro, già fortemente negativo, altri due dati: il 38,4% delle scuole si trova in zone ad alto rischio sismico, mentre 60% non ha neppure il certificato antincendi.

A ciò si aggiunga che con la crisi economica le cose sono anche peggiorate. Dal 2011 al 2012, infatti, l’investimento per ciascun edificio è sceso di ben 13 mila euro, passando da 43 e 30 mila euro. Nel nord Italia la media degli investimenti per la manutenzione straordinaria è quasi il triplo di quella del sud, malgrado vi sia una maggiore necessità di interventi nel meridione legata anche alla fragilità del territorio, al rischio idrogeologico, sismico e vulcanico. Abruzzo, Sicilia e Lombardia hanno fatto registrare un forte calo degli investimenti nonostante vi sia un’esigenza di manutenzione straordinaria rispettivamente nel 94%, 57% e 49% degli edifici.

In questo quadro drammatico poche buone notizie. La prima è che è stata sensibilmente migliorata l’accessibilità ai disabili negli edifici: oltre l’82% degli edifici ha i requisiti di legge, il 16,4 % ha realizzato interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Novità positive anche per quanto riguarda l’efficienza energetica. Dal 2008 al 2013 le scuole che sfruttano fonti di energia rinnovabile sono passate dal 6,3% al 13,5%. L’80% degli edifici ha installato impianti solari fotovoltaici, il 25% ha impianti solari termici, l’1,6% impianti di geotermia e/o pompe di calore e lo 0,4% ha impianti a biomassa.

Fonte: fanpage.it

mercoledì 8 gennaio 2014

10 milioni al giorno per le spese militari e nessuno alza la voce


Nessuno dei "nuovi che avanzano" ne parla, a riprova che si può essere nuovi arrivati ma vecchi nei contenuti. O meglio obsoleti e ripetitivi del vecchio, ma sempre comodo e utile per alcuni. Un po' per pigrizia mentale, o meglio di impotenza mentale, ma molto per opportunismo o per appartenenza di classe. L'argomento sono i 10 milioni di euro al giorno che ci apprestiamo a spendere in più nel solo 2014 per le spese militari. In più, oltre ai 350 milioni dei tre F35 già acquistati e per i prossimi altri tre da 430 milioni (già, perché il prezzo aumenta con il tempo).

Oltre al tutto il resto che non sto qui a ricordare. 10 milioni di euro al giorno per le spese militari sotto la voce di spese produttive e che non rientrano nel bilancio del ministero delle Difesa (della guerra, occorrerebbe sottolineare visto di cosa si sta comprando e del loro impiego), ma in quello delle attività produttive. E qui senza entrare nel merito moralistico o etico si deve dare atto che di attività produttive si tratta anche se per fini militari e di guerra, di distruzione di cose e di uomini. Dietro quegli investimenti vi sono anche le aziende italiane che ne ricavano benefici e commesse, anche se solo briciole, ma pur sempre di lavoro, come ebbe a dire l'allora sottosegretario alla difesa allora in forza al PDL (ora a Fratelli d'Italia) Crosetto. E non si guarda in faccia al caval donato se si tratta di lavoro.

E come lui tutti, e dico tutti, i nostri politicanti sia al governo che all'opposizione, sia vecchi che nuovi, scommetto vincendo facile, sono d'accordo con lui. Ma allora dove sarebbe il nuovo se non in queste cose? Se quei 10 milioni al giorno invece di spenderli per produrre strumenti di morte e distruzione si spendessero per cose utili e per i bisogni della gente non sarebbero comunque spese produttive, non si investirebbero per il lavoro, non sarebbe questo il vero "nuovo che avanza" invece delle stronzate che ci ripropongono con una litania di canto gregoriano?

Ma siamo abituati a sentir il canto delle sirene o il piffero del pifferaio e non a ragionar con la nostra testa

Fonte: AgoraVox Italia

domenica 5 gennaio 2014

Auguri Peppino

Oggi, 5 gennaio, Peppino Impastato avrebbe compiuto 66 anni. Peppino era un militante della sinistra extraparlamentare. Sin da ragazzo si era battuto contro la mafia, denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. Il 9 maggio del 1978 nel piccolo paese di Cinisi, a 30 km da Palermo, viene ucciso. Il suo corpo viene dilaniato da una carica esplosiva posta sui binari della tratta Palermo-Trapani. A far uccidere Peppino fu Gaetano Badalamenti, il capo di Cosa Nostra negli anni settanta.

sabato 4 gennaio 2014

L’anno dell’Uruguay e di Mújica

Il 2013 è stato l'anno dell'Uruguay e del suo presidente José "Pepe" Mújica. Il 2014 lo sarà ancora?

Il presidente dell’Uruguay, l’ex guerrigliero José “Pepe” Mújica, vive in una fattoria alla periferia della capitale Montevideo con sua moglie, la senatrice Lucía Topolansky, guida un vecchio maggiolino e si dichiara vegetariano sfegatato.

Salvo un paio di poliziotti di guardia all’entrata, cosa peraltro molto comune quasi ovunque nelle città latinoamericane, non si serve di particolari protezioni o scorte e conduce una vita umile e dignitosa, senza eccessi né lussi. Mújica dà in beneficienza il 90% del suo stipendio di 12mila dollari al mese, un gesto piccolo rispetto ai costi generali della politica o al bilancio statale, ma di certo molto significativo e simbolico, soprattutto in una regione come il Sud America che è al primo posto per le disuguaglianze nella distribuzione del reddito, cioè per la breccia tra ricchi e poveri. Per lui questo è un modo di “restare libero” e non un escamotage per creare un “personaggio” e ottenere riconoscimenti. Infatti, Mújica non ama essere chiamato “il presidente più povero del mondo”, un titolo affibbiatogli dalla stampa internazionale negli ultimi anni.


“Non sono povero, ma poveri sono quelli che hanno bisogno di molto per vivere, quelli sono i veri poveri”, replica il presidente parafrasando Seneca. Molti reportage e interviste tendono a esaltare il suo stile austero e sobrio, la sua vena contadina e la sua vita da persona “normale”, in controtendenza con una politica insultante e sempre più distante dalla gente in tutto il mondo. Tutto vero, ma si parla poco della sua storia politica e combattente, delle prigionie e delle sofferenze e dei successi ottenuti dopo la fine della dittatura che durò dal 1971 al 1984. Quegli anni Pepe li passò prevalentemente in carcere. Fu arrestato quattro volte in quanto membro del Movimiento de Liberación Nacional-Tupamaros e l’ultima prigionia durò 13 anni, per cui fu liberato solo nel 1985 e si reintegrò alla vita politica dopo l’approvazione delle leggi di amnistia e il ritorno a un regime democratico.

Nel 1989 i Tupamaros entrarono a far parte della coalizione di partiti del Frente Amplio, al governo dal 2004, e si trasformarono nella sua anima maggioritaria e progressista con la fondazione dell’MPP, il Movimiento de Participación Popular. Pepe fu eletto deputato nel 1994 e poi senatore cinque anni dopo. Durante la presidenza del medico Tabaré Vázquez (2004-2009) Mújica diventa ministro dell’agricoltura, l’allevamento e la pesca ed entra quindi nel primo governo del Frente Amplio. Questa forza politica è nata nel 1971, ma è stata proscritta e i suoi esponenti perseguitati durante la dittatura. Ad oggi ne fanno parte numerosi partiti, ben sedici liste, in rappresentanza delle principali anime della sinistra ma anche di alcune forze d’ispirazione democristiana e di tradizione liberale.


Coerentemente col suo passato e il suo presente Mújica ha formulato discorsi energici e decisi nei summit internazionali contro il consumismo e il modello di sviluppo capitalista, con le sue espressioni ed eccessi degenerati e aberranti, e a favore dell’integrazione latino-americana e di una rivoluzione culturale ed educativa profonda: “Il mondo è prigioniero oggi della cultura della società dei consumi e ciò che sta consumando è la vita umana, in quantità tremende” per cui la gente ormai “non compra con i soldi, ma con il tempo che ha dovuto spendere per avere quei soldi. Non si può sprecare, quel tempo, va lasciato del tempo alla vita”.

Di seguito incorporo un video, sottotitolato all’italiano da Clara Ferri, col discorso tenuto dal presidente uruguaiano alla conferenza della CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi) del 26-27 gennaio 2013.



Il 22 marzo 2012 il presidente ha letto un discorso in cui lo stato uruguaiano riconosceva pubblicamente la sua responsabilità nelle violazioni ai diritti umani durante la dittatura. In più occasioni Mújica, insieme a una parte della sua coalizione, ha promosso attivamente sia la revisione che la cancellazione della Ley de Caducidad, la legge che nel 1986 concesse l’amnistia ai repressori del regime dittatoriale, ma le misure adottate dal parlamento hanno subito in varie occasioni la bocciatura da parte della Corte Suprema (Costituzionale) che ne ha annullato gli effetti. Quindi la questione resta ancora in sospeso e, nonostante l’appoggio di Onu e Corte Interamericana dei Diritti Umani, sembra difficile che Mújica e la sua maggioranza, divisa su questo punto, riescano a trovare una soluzione e far riaprire i processi proprio a pochi mesi dalle prossime elezioni presidenziali.

Andando oltre i discorsi e le dichiarazioni, la novità rappresentata dall’esperienza dei governi del Frente Amplio e specialmente di José Mújica risiede nei fatti concreti, nella politica sociale ed economica, rivolte verso i più poveri, e nelle misure coraggiose approvate negli ultimi anni che stanno cambiando il volto del paese sudamericano e ravvivando le speranze dell’ondata progressista in America Latina.

Sicuramente i provvedimenti più trascendenti, che sono stati anche al centro delle cronache e delle inevitabili polemiche internazionali, sono quelli dell’anno che s’è appena concluso e che riguardano i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la legalizzazione della marijuana.

Nello scorso mese di dicembre è stata promulgata la legge che legalizza e regola la produzione, il consumo e la vendita di marijuana nel paese, primo e unico caso in America Latina. Il consumo era già permesso, anche in luogo pubblico, ma restavano dei vuoti per le altre attività che da quest’anno saranno sotto il controllo statale. L’Uruguay è il primo paese al mondo a mettere sotto il controllo dello stato tutti gli aspetti legati alla vendita e produzione di cannabis e dei suoi derivati attraverso la creazione di un Istituto per la Regolazione e il Controllo della Cannabis dipendente dal Ministero della Salute. Potranno comprarla in farmacie autorizzate gli uruguaiani e gli stranieri residenti maggiori di 18 anni, ma potranno anche coltivarla privatamente (al massimo sei piante e 480 grammi di raccolto all’anno) o in club speciali riservati agli iscritti con un minimo di 15 soci e un massimo di 45.

Si potranno portare con sé o acquistare al massimo 40 grammi al mese. Il prezzo non è ancora stato definito, ma si pensa per esempio a una media di un dollaro al grammo per poter competere con l’attuale mercato illegale. Le persone che la coltivano in casa e i grossi produttori legali del mercato nazionale dovranno ricevere una licenza statale ed essere registrati. Chiaramente i coltivatori uruguaiani potranno esportare semi e piante nei paesi in cui l’uso medicinale o ricreativo della marijuana è permesso, per esempio negli stati nordamericani di Washington e del Colorado dove dal 1 gennaio è permesso il consumo.

Il governo farà dei piani di prevenzione e sensibilizzazione ed è stata vietata la pubblicità della marijuana, come succede già con il tabacco in numerosi paesi. Sebbene l’Uruguay non sia uno dei paesi più colpiti dalla violenza della “guerra alla droga”, promossa ipocritamente di paesi proibizionisti come gli Usa e adottata massicciamente come politica di sicurezza nazionale, per esempio, dal Messico e dalla Colombia, la presenza del narcotraffico costituisce un problema grave, considerando anche che i paesi del Corno Sud sono tra i principali punti di transito e d’imbarco della coca diretta in Europa via Africa e Suez.

Una soluzione pragmatica e alternativa, seppur sperimentale, come ha ribadito lo stesso Mújica, rispetto alle fallimentari ingerenze statunitensi nella regione e alle politiche nazionali repressive e militari, corresponsabili di centinaia di migliaia di morti in America Latina, viene quindi da un piccolo paese che ha saputo sfidare l’opposizione interna delle destre e quella della comunità internazionale, in particolare dell’Onu e del suo Ufficio su droga e crimine, l’Unodc, secondo cui si starebbe violando la Convenzione sugli Stupefacenti del 1961.

E anche gli Usa hanno intimato il rispetto della Convenzione e degli impegni internazionali mentre al loro interno i cittadini di due stati hanno scelto di legalizzare l’uso ricreativo della marijuana, sancendo una svolta storica a livello culturale e di politiche pubbliche. Ma l’Uruguay va avanti e se l’esperimento avrà successo (o comunque sia, in realtà), avrà molto da insegnare al continente e al mondo e propizierà il ripensamento dei dogmi sul traffico e il consumo di stupefacenti che risalgono alla metà del secolo scorso e che hanno permesso soprattutto agli Stati Uniti, mossi dalla politica della guerra alla droga, di giustificare il loro enorme potere d’ingerenza negli affari continentali.

Sempre nel 2013 è stata promulgata anche la Legge del Matrimonio Egualitario per cui le coppie di persone dello stesso sesso potranno sposarsi ed è prevista “l’unione di due contraenti, qualunque sia la loro identità di genere o orientamento sessuale, negli stessi termini, con gli stessi effetti e forme di scioglimento che stabilisce il Codice Civile”, recita il testo della norma. S’è anche deciso che il cognome dei figli delle coppie omosessuali sarà stabilito da un accordo tra i due coniugi o da un sorteggio in mancanza di un accordo. Inoltre è stato fissato il diritto dei figli a riconoscere il loro padre biologico nel caso in cui la madre, sposata con un’altra donna, lo abbia concepito con un uomo e non in vitro.

L’Uruguay nel 2012 è diventato il primo paese sudamericano a permettere una depenalizzazione ampia dell’aborto, ora permesso nelle prime 12 settimane di gestazione dalla nuova Legge sul’Interruzione Volontaria della Gravidanza. In America Latina esistono norme simili solamente a Cuba, a Città del Messico, nella Guyana e a Porto Rico. Mújica spiegò in quell’occasione che depenalizzare “sembra molto più intelligente che proibire”, infatti, se “lasciamo sole le donne, se non ce ne curiamo e non diamo loro sostegno, la cosa va male”.

Vista la spiccata vocazione rurale, forestale e turistica dell’Uruguay, con l’84,6% del territorio dedicato all’agricoltura (primo posto al mondo) e la storica importanza dell’allevamento, anche in seguito all’incremento esponenziale negli ultimi anni del valore della terra, la stessa è considerata come un elemento strategico fondamentale per cui il governo Mújica ha proposto una legge che limita l’acquisto di terre da parte di imprese o gruppi in cui vi sia la partecipazione di un paese straniero come socio investitore. L’obiettivo è salvaguardare la sovranità alimentare e delle risorse naturali del paese, in controtendenza con quanto accade in altre realtà come l’Italia e il Messico, dove la svendita di spiagge e terreni o del patrimonio artistico e immobiliare si è trasformata in una soluzione facile per i problemi di bilancio o per ottenere l’approvazione di agenzie di rating, troike e business community internazionale. Il problema è che i conti si risanano per un anno o due, gli interessi sul debito si ripagano per un po’, però il patrimonio che viene alienato, invece di essere reso produttivo e valorizzato, è perso per sempre.

Nel 2012 è stata approvata la legge sulla donazione degli organi, pensata per ridurre in breve tempo la lunga lista d’attesa di pazienti in attesa di trapianti, stabilisce che ciascuno dei tre milioni e 400mila uruguaiani diventa un potenziale donatore di organi dopo il decesso, a meno che esplicitamente non decida il contrario e, nel caso dei minorenni, ci vuole il consenso del rappresentante legale.

Alle elezioni presidenziali e parlamentarie dell’ottobre di quest’anno il candidato del Frente Amplio sarà l’ex presidente Tabaré Vázquez che, dopo un quinquennio di pausa, ha annunciato recentemente la sua ridiscesa in campo. Più moderato rispetto a Mújica, che non può candidarsi a un secondo mandato per proibizione espressa della costituzione, e legato all’FMI, in quanto parte del Gruppo di Consulenti Regionale del Fondo per l’emisfero occidentale, il sessantanovenne Vazquez e il Frente sono in testa nei sondaggi. Nel 2008 Vázquez aveva mostrato il suo lato conservatore bloccando la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, anche se dal punto di vista economico nel 2007 aveva implementato una riforma fiscale progressiva che ha prodotto una diminuzione della povertà e delle disuguaglianze.

Inoltre, nonostante le misure “eterodosse” rispetto al dogma neoliberista, i governi del Frente hanno ottenuto buoni risultati economici con il PIL in crescita del 126% dal 2000 al 2011 (anche se una parte di questa crescita ricade negli anni del governo precedente) e del 5,7% e 3,8% nel 2011 e 2012. La riduzione della povertà è stata impressionante, dal 40% della popolazione nel 2005 al 12,5% nel 2012. La povertà estrema o indigenza è stata quasi azzerata. Statistiche a parte, non sembra comunque che ci siano intenzioni da parte del Frente e del suo candidato di fare marcia indietro sulle conquiste sociali dell’amministrazione Mújica, ma il loro destino evidentemente dipenderà anche dalla difesa che ne faranno la società e i movimenti oltre che dai risultati elettorali.

Emir Kusturica si appresta a girare un documentario sulla vita di Pepe Mújica. Mentre aspettiamo l’uscita del film, resta meno di un anno di governo al presidente guerrigliero per consolidare l’opera riformatrice che ha messo l’Uruguay al centro del mondo e ne ha fatto uno dei punti di riferimento in America Latina.


Con l’augurio che anche i prossimi continuino ad essere gli anni di Mújica e dell’Uruguay. Fabrizio Lorusso da Carmilla

LINK

Intervista a Monica Xavier, presidentessa del Frente Amplio QUI

Video sottotitolati all’italiano:

- Discorso di Mújica al vertice Rio+20

- Essere di sinistra secondo Mújica


Fonte: AgoraVox Italia

mercoledì 1 gennaio 2014

Buon Anno


Auguro a tutti i lettori, assidui o frequentatori, e a tutti i blog amici di trascorrere un sereno e felice Anno Nuovo

Andrea De Luca