sabato 17 marzo 2012

17 marzo, io non festeggio

Il 17 marzo dell'anno scorso scrissi questo post sui 150 anni dell'Unità d'Italia. Rileggetelo. Da quel fatidico 17 marzo 1861 l'Italia si è divisa. Dietro agli eroi risorgimentali, dietro al pretesto dell'unificazione c'è dell'altro. C'è una verità che è stata sempre omessa e nascosta. Anche ora sono convinto di quello che scrissi un anno fa. Con oggi sono trascorsi 151 anni dall'Unità d'Italia, ma io non ho alcun motivo per festeggiare...
Leggi anche: Festeggiare l'unità d'Italia, ma festeggiare cosa?

1 commento:

Riccardo Uccheddu ha detto...

Quell'unità è stata fatta, come notava lo stesso Garibaldi nel romanzo "Clelia: il governo dei preti" (per non parlare del Gramsci della "Quistione meridionale") attuando una vera e propria spoliazione delle risorse del sud e delle Isole.
Gramsci parlava addirittura di un regime di tipo "militare-coloniale" imposto dal nord alle realtà sociali e geografiche poc'anzi citate.
Tutto ciò ad opera della monarchia sabauda e con la complicità delle varie borghesie, sia del nord che del resto del Paese.
Ciononostante, io penso che l'Unità sia stata un bene: PURCHE' LE masse lavoratrici vogliano COMPLETARLA... spazzando quindi via tutti i vampiri che ci hanno sempre depredato.
In questa azione, però (ritorno al Gramsci della "Quistione") dovrà avvenire una saldatura tra le masse lavoratrici (e precarie!) sia del nord che del sud, che in effetti hanno un unico nemico: i "discendenti" degli antichi funzionari sabaudi, che magari ora utilizzano più l'inglese finanziario che il piemontese.
Un caro saluto!