sabato 26 marzo 2011

Il patriota moderno

Vi siete mai chiesti: chi è il patriota moderno? E' un tipo alto, basso, magro, spigliato, introverso, cicciottello, studioso, diligente, menefreghista, uno di quelli che si lamenta sempre, di tutto e di tutti, che dice di odiare l'Italia per poi prontamente difenderla all'estero non appena qualcuno si azzarda a sfiorarla con una critica. Uno di quelli che detesta profondamente la bandiera italiana ma poi sventola il tricolore in curva con orgoglio, magari proprio quando gioca la nazionale.

Il patriota moderno è quello che non va dal turco sotto casa a mangiarsi un kebab perchè la pizza è più buona “ed è italiana”, oppure quello che vota “il partito dove ci sono ancora dei valori tradizionali da difendere!”. Ecco il patriota moderno è questo tipo qui, è uno che non è andato a Torino per i 150 dell'Unità d'Italia e che non sa perchè le celebrazioni si siano svolte proprio a Torino. E' uno che non si accorge del patrimonio inestimabile che l'Italia possiede dal punto di vista storico, che vorrebbe raccontare il Risorgimento ai suoi nipotini ma non può farlo perchè al Liceo l'ha studiato male o non l'ha studiato affatto, che non conosce il significato dell'Inno di Mameli ma lo canta contento ai Mondiali e poi punta il dito contro Benigni perchè ha fatto l'esegesi dell'Inno a pagamento a Sanremo. Il patriota moderno dice di ascoltare solo musica italiana ma nella sua Playlist gli unici suoi connazionali sono Rino Gaetano e Ligabue, ampiamente dietro gli U2 e i Green Day come numero di ascolti quotidiani. E' una persona che piange per i soldati caduti in guerra in Iraq salvo poi urlare ai cali di produzione dovuti agli sprechi della festa del 17 Marzo, è imitatore e portavoce del leader carismatico che più lo appassiona, che urla contro la Costituzione quando questa ostacola il suo idolo ma che poi rispolvera l'utilità della Carta Fondamentale quando questa può servirgli per ostacolare i suoi avversari, sentendosi per un momento anch'egli un padre costituente.

Mazzini, Garibaldi, Cavour e Pellico non erano persone del genere, hanno fatto l'Italia prendendosela in braccio, con umiltà e spirito di sacrificio, annettendo il prospero Regno delle due Sicilie, che vedeva in Napoli una delle città più ricche e potenti d'Europa, al resto dello stivale, sfatando, già all'epoca, il mito del Sud sempre povero, mantenuto e disagiato. Hanno unito mondi in gran parte molto diversi tra loro ma hanno utilizzato la cultura e la lingua come collanti per formare una società nuova, pronta alle sfide del '900.

Oggi parlare di “cultura che unisce” è un po' come bestemmiare in chiesa, sembra strano e anacronistico, eppure dove oggi si taglia prima si investiva. Abbiamo perso la capacità di “essere contenti di essere italiani”, non siamo incuriositi dalla nostra Storia, dalle nostre avventure, siamo italiani per comodità o per smemoratezza e ci dimentichiamo che la qualità che ci rende italiani per davvero e che per secoli ci ha contraddistinto rispetto agli altri popoli è una sola, oggi necessaria come il pane: l'originalità.

Essere italiani significa essere sempre, profondamente, originali.

Mario Pagano

Fonte: Ilrenudo

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